💻🖱💡📀 #tiromancino/ Il terziario “avanzato” non è quello rimasto nel piatto dell'economia



Qualche esempio non guasta. Terranova, J-Sofware e GS-Sistemi (software-house), Blue Factor (finanza e factoring), Cooperativa civile (progettazione integrata), Gamma geoservizi (geologia e geotecnica), Milaneschi e ItAlb-Toscana (contoterzisti agricoli), Clinica oculistica Santa Lucia e Diacron research & diagnostics (medicina), Kyma Yachting (progettazione e design navale), Certema (trasferimento tecnologico). Dodici realtà significative, non le uniche, che operano nel settore dei servizi. Non pochissime. Ma ancora troppo poche. E vale la pena capire perché.

 

Il gap imprenditoriale del terziario

Nel puzzle del tessuto economico, in provincia di Grosseto, oltre a quella del manifatturiero, c'è una tessera particolarmente sguarnita: il cosiddetto “terziario avanzato”. Il macrosettore terziario è quello dei servizi. Ovverosia il vasto campo delle attività economiche che non producono beni materiali ma servizi per imprese e cittadini. Spaziando dai trasporti all’assistenza alla persona. Dal commercio ai servizi informatici e finanziari. Passando per turismo e ristorazione. Intrattenimento e cultura. Attività sportive e ricreative….

Il terziario avanzato è un po’ come la nicchia del lusso nel comparto manifatturiero di moda e pelletteria. Il ramo di settore basato su servizi ad alto valore aggiunto (creato al netto dei costi dei fattori produttivi): specialmente i servizi che utilizzano tecnologie avanzate e conoscenze specifiche. Il fatto che nel nostro territorio questo tipo di realtà - che pure ha i suoi campioni - siano marginali in termini assoluti rispetto alla platea prevalente delle aziende dei servizi a scarso contenuto tecnologico e d’innovazione, quindi a basso valore aggiunto, è d'altra parte coerente con il livello medio delle retribuzioni più basso della Toscana. Lapalissiano: camerieri e addetti al commercio non hanno lo stesso peso di ingegneri informatici o analisti finanziari.

Non è che non esistano aziende riconducibili al terziario avanzato. Ma sono residuali. Qualche punta di diamante, anche di libello nazionale, su piazza c’è. Come Terranova Spa, azienda leader in Italia nella telemetria: software gestionali per reti e contatori intelligenti per energia elettrica, gas e acqua. Così come programmi per la gestione dei clienti e la fatturazione delle multiutility. Oppure Kyma Yachting, fra le prime dieci società italiane specializzate nella progettazione chiavi in mano di grandi yacht e loro apparati gestionali. Oppure aziende come J-Software, che progetta software di telematizzazione delle accise per gli spiriti e la gestione di birrifici. O ancora GS-Sistemi, specializzata nei programmi gestionali di cantine e oleifici. Ma ci sono anche altre realtà. Aziende dinamiche e a forte contenuto tecnologico, per quanto rarefatte.



 

Tessuto produttivo obsoleto = lavoro povero

Se si guarda al valore aggiunto prodotto in provincia di Grosseto nel 2024 (dato della Camera di commercio), si nota subito che sui 6 miliardi complessivi, il settore terziario (servizi) ne produce 4,75, corrispondenti al 78.9% del totale. Questo significa che a fronte di un peso esiguo di agricoltura (7.3%), industria (7.7%) e costruzioni (6.1%), la nostra economia è quasi una monocultura produttiva improntata sul settore dei servizi. Solo una parte marginale dei quali ad alto valore aggiunto, con una nettissima prevalenza dei servizi cosiddetti “ad alta intensità di lavoro”. Caratterizzati da un basso livello di produttività, cioè a basso valore aggiunto, e quindi da modesti livelli salariali.

Il terziario avanzato sarebbe quindi un’opportunità vera per creare lavoro buono. Nel senso di tutelato da contratti collettivi nazionali, previdenza integrativa e fringe benefit, con livelli retributivi sopra la media e percorsi di aggiornamento professionale strutturati. Il tema vero, tuttavia, è come favorire lo sviluppo di questa tipologia di servizi caratteristica del terziario più innovativo, in un territorio ad alta densità imprenditoriale ma composto prevalentemente da micro-imprese, moltissime delle quali individuali, che proprio in conseguenza della loro piccolissima dimensione non hanno capacità d’innovazione, e si contraddistinguono per la poca dimestichezza con la tecnologia (ad esempio con l'intelligenza artificiale) e la bassa produttività.

Per capirsi. In provincia di Grosseto ci sono circa 98.000 persone impiegate: più o meno 75.000 sono lavoratori dipendenti, e circa 23.000 rientrano nelle diverse categorie degli autonomi. Dell’intera platea degli occupati circa 70.000 sono impiegati nel settore dei servizi. Le dodici aziende del terziario avanzato prese in considerazione all'inizio di questo articolo daranno lavoro fra le 450 e le 500 persone. Ovviamente non si tratta del panorama completo di questa tipologia d’impresa, che però nel nostro territorio rimane nettamente minoritaria. E quindi con un impatto occupazionale residuale rispetto ai lavoratori complessivi impiegati nel macrosettore dei servizi.

 

Due novità significative

Per comprendere meglio cosa significherebbe avere un numero più cospicuo di imprese del terziario avanzato, basta fare due esempi concreti: Blue Factor e Clinica Oculistica Sarnicola. Si tratta di due aziende presenti da tempo a Castiglione della Pescaia e Grosseto. La prima società (fra le prime dieci in Italia) è un intermediario finanziario autorizzato da Banca d’Italia che esercita professionalmente l’attività di acquisto e gestione di crediti originati dal settore bancario e finanziario. La seconda, con sedi a Grosseto e Agropoli, è un centro di livello nazionale e internazionale specializzato nella chirurgia lamellare per la cura delle patologie della cornea. Entrambe le realtà imprenditoriali hanno recentemente acquistato due edifici in via Matteotti a Grosseto per ampliare le proprie sedi e dare sviluppo alle rispettive attività. Blue Factor, che impiega una cinquantina di operatori e analisti finanziari specializzati nella gestione dei crediti, ha rilevato i 2.500 metri quadri di palazzo Cosimini che in passato hanno ospitato le sedi di Standa e Upim. Mentre la clinica oculistica Sarnicola ha acquistato la ex sede della Banca d'Italia, 4.000 metri quadri nei quali presumibilmente verranno ampliate le attività chirurgiche che attirano utenti da mezzo mondo..

In entrambi i casi le due società riqualificheranno locali molto vasti e inutilizzati da tanti anni, in un'area semicentrale della città, che comprende il quadrante tra via Matteotti e via Roma, che sembrava inesorabilmente destinata a degrado urbanistico, desertificazione commerciale e declino dei valori immobiliari. Cosa che, al di là dello sviluppo interno alle due aziende con positive ricadute occupazionali, contribuirà anche a rivitalizzare l'intera zona nella quale si sono insediate.

Il successo di queste due aziende grossetane del terziario avanzato - che ovviamente non sono le uniche - dimostra che anche nella provincia più profonda si possono sviluppare attività imprenditoriali di caratura nazionale. Non necessariamente costrette a trasferirsi nei grandi centri come Firenze, Milano o Roma per potersi sviluppare.




Punti di forza non sfruttati

A prescindere dalle capacità imprenditoriali individuali, peraltro, rimane da capire come favorire lo sviluppo di imprese di questo genere, che puntino sui servizi ad alto contenuto di competenze e innovazione tecnologica. Contribuendo così ad innalzare gli standard imprenditoriali nel settore dei servizi, creando lavoro buono e rendendo più attrattivo questo territorio rispetto ai potenziali investimenti. Grosseto e la sua provincia, infatti, proprio in termini di crescita imprenditoriale ed occupazionale, avrebbero da giocare le carte di una buona qualità della vita - con servizi scolastici, sanitari, all'infanzia e per il tempo libero tutto sommato di buon livello - e della posizione baricentrica rispetto a realtà vicine già affermate, ma proprio per questo più costose, come Pisa-Livorno, Siena, Firenze e Roma. Carte per giocarsi le quali bisognerebbe si ragionasse di formazione scolastica e professionale, credito agevolato, semplificazioni amministrative, incentivi urbanistici e programmazione della rete dei servizi.

Tutte cose delle quali dovrebbe occuparsi la politica locale. Che però rimane sostanzialmente estranea e senza alcun contatto con la realtà, quindi coi bisogni delle imprese e delle persone. Impegnata quotidianamente in mortificanti battaglie ideologiche di basso cabotaggio, o tutt'al più impaniata nella retorica conformista dell'esaltazione di un modello di sviluppo obsoleto basato sugli stereotipi di un turismo e un'agricoltura che oramai non esistono nemmeno più. O al massimo dedita al contrasto passatista, retrogrado e provincialmente identitario allo sviluppo delle energie rinnovabili, icasticamente rappresentato dalla lotta alle pale eoliche. Mentre, intanto, là fuori, il mondo reale segue imperterrito le proprie traiettorie evolutive. Che tanto nessuno si occupa di governarle.

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