🏠🏡🏚🏘 #tiromancino – Grosseto: isole Vip nel tessuto urbano in decadenza. La forbice si allarga
Grosseto città anomala: anticiclica in termini economici, visceralmente controintuitiva. Che batte strade non ortodosse per raggiungere gli stessi risultati di altre città con più blasone. Spesso al ribasso. Come per l’evoluzione edilizia e urbanistica.
A Grosseto, ad esempio, non esiste “gentrificazione”, come al quartiere Isola di Milano. Nemmeno la desertificazione dei residenti nel centro storico dovuta alla proliferazione dei bed ‘n breakfast (AirBnb, Booking e affini), come a San Frediano o Santa Croce, a Firenze. O quella dovuta al caro affitti per destinare camere agli studenti, come a Siena.
Per inciso, “gentrificazione” è termine coniato nel 1964 dalla sociologa inglese Ruth Glass, che deriva da “gentry”: la nobiltà benestante anglosassone di seconda fascia. Il fenomeno sociologico è quello della progressiva espulsione degli abitanti dai quartieri popolari che vengono sottoposti a riqualificazione urbanistica, innescando la roulette della lievitazione dei prezzi delle case.
A Grosseto non succede nulla di tutto questo. Essendo città a “economia zero” (o giù di lì), non ci sono significative risorse private da mobilitare. Quindi non c’è interesse a riqualificare porzioni popolari o degradate della città per restituirle a nuova vita. Anzi, queste zone vengono fatalmente lasciate deperire nell'indifferenza e nell'immobilismo delle politiche urbanistiche e edilizie. La città, infatti, è notoriamente caratterizzata da una qualità del tessuto edificato mediamente scadente. Con pochi guizzi in zone a maggior tasso di qualità urbana.
Isole chic in città
In compenso, i nuovi quartieri un po’ più “chic”, a vocazione residenziale “borghese” o “piccolo borghese” (termini oramai fuorimoda), vengono realizzati ex novo in aree vergini. Impermeabilizzando terreni. Con buona pace della pratica virtuosa, molto enunciata e poco praticata, di non consumare nuovo suolo a favore di riqualificazione urbanistica e sostituzione edilizia. Non un fenomeno solo recente, ma come vedremo esasperato da scelte urbanistiche mirate, fatte negli ultimi dieci anni.
Gli antesignani degli odierni quartieri “bene” del capoluogo sono l’Oliveto, la zona di via Giotto/Caravaggio o delle Regioni, Rispescia e Casalecci, dove negli anni 70 e 80 i nuovi benestanti individuarono aree di espansione residenziale nelle quali riconoscersi. Periodo, peraltro, di turbinosa crescita demografica della città. Molto più recentemente, poi, le nuove espansioni a maggior pregio sono sorte ai margini della città, trasformando terreni agricoli. In via Preselle (Barbanella), via Lago di Fogliano, a sinistra e destra di via Senese (dopo l’ospedale), dietro via Svizzera (in zona Cittadella), lungo via Alberto Sordi (zona Ippodromo). Sostanzialmente lottizzazioni a dimensione di isolato, oppure veri e propri piccoli quartieri a sé stanti, realizzati con piani attuativi ad hoc. Caratterizzati da tipologie affini di ville e villette, generalmente mono, bi e quadrifamiliari. Per lo più su due piani.
Il tema di fondo non è estetico, perché i canoni architettonici sono tutti legittimi. Piuttosto, la questione è urbanistica, funzionale e sociologica. Perché attraverso il consumo di aree non urbanizzate sta venendo fuori una città “a isole” di benessere, disseminate in un tessuto urbano generalmente decadente e dequalificato, nel migliore dei casi anonimo. Fenomeno che sta accentuando le differenze sociali, le disomogeneità di standard residenziali fra le zone Vip e quelle in progressivo deperimento, o fortemente degradate.
La città decaduta
Non trattandosi di una metropoli, a Grosseto non è riconoscibile il fenomeno delle periferie scalcagnate, le “banliueu” (parigine). Ma sono sempre di più gli interi isolati o singole porzioni di quartiere con evidenti segnali di perdita di status e degrado urbano avanzante. Una specie di periferia diffusa, dilagante.
Facile, da questo punto di vista, identificare la tipologia con la zona di via Roma. Ma lo stesso si potrebbe dire di pezzi di città intorno alla cinta muraria, ad esempio sull’asse lungo via Aquileia – Bengasi - Cesare Battisti. Nella zona dietro via Giordano. In alcuni spicchi di centro storico, dentro le mura. A Barbanella alle spalle delle vie Giusti e Giulio Cesare. Fra via Etruria e via Fabio Massimo. Lungo via della Pace e nelle sue immediate adiacenze. E a seguire altre aree ancora.
Poi ci sono puntuali situazioni di degrado conclamato: il cantiere mai ultimato in via De’ Barberi, prima del centro commerciale Le Palme, il grande edificio abbandonato in via Lago d'Arancio-Mezzano, quello di via Fucini, e la palazzina all’inizio di via Cimabue o l’incompiuta sulla curva di via Manetti (ex Falloni).
Non è nemmeno un caso, al di là delle apparenze o della memoria di anni oramai lontani che ancora resiste, che Grosseto non sia più da tempo ai vertici delle graduatorie nazionali relative alla qualità urbana. Da Ecosistema urbano (Legambiente-Sole24Ore) a Qualità della Vita (Italia Oggi).
Scelte non scelte
Ma com’è avvenuto il lento slittamento verso il degrado? Al di là delle cause riconducibili alla sostanziale assenza di sviluppo economico. All'invecchiamento accelerato della popolazione residente. Allo sterminio del commercio di vicinato – assediato dalla città “a ciambella” dei centri commerciali (cit., Confesercenti) - che molto ha contribuito a impoverire il tessuto relazionale nei quartieri.
Banalmente è stata la conseguenza delle scelte fatte col Piano strutturale dell’aprile 2006 (Bellettini) che, in un momento d’interregno tra la nuova e la vecchia normativa urbanistica, inserì una quantità esorbitante di previsioni residenziali in aree libere ai margini della città, successivamente, nel maggio 2013 (Bonifazi) ridotte di circa la metà con il Regolamento urbanistico. E poi ritardando l'approvazione dei nuovi strumenti urbanistici - Piano strutturale e Piano operativo – ricorrendo però alle cosiddette “varianti urbanistiche anticipatorie”. A oggi il nuovo Piano strutturale è stato finalmente approvato ma attende ancora il via libera della commissione di valutazione ambientale strategica (Vas), mentre il Piano operativo deve ancora approdare per il primo passaggio (adozione) in consiglio comunale
In altre parole, si è rinunciato a normare e incentivare con tempestività riqualificazioni urbanistiche e sostituzioni edilizie - non cogliendo lo spirito dei tempi (Zeitgeist) che predica il recupero per evitare il consumo di suolo - dando tempo a chi aveva le condizioni per costruire. La logica neoliberista del “laissez-faire” (lasciar fare) ha così assecondato la realizzazione di nuove edificazioni (più lucrative), perché intervenire, per recuperarle, sulle zone già costruite sarebbe stato di gran lunga più complicato e soprattutto più oneroso.
Stagnazione socioeconomica
Nel frattempo, l’impasse economica - certificata da tutti gl’indicatori possibili e immaginabili - in concomitanza con l’impennata dei tassi d’interesse, ha fatto da acceleratore all'inverno demografico che ha gelato la crescita della popolazione residente. Per cui, in concreto, il risultato è che da qualche anno a Grosseto il mercato immobiliare del nuovo, a più elevati standard energetici e qualitativi, è circoscritto a alcune centinaia di famiglie più abbienti. Che magari hanno ereditato proprietà che sono riuscite a monetizzare. Mentre le restanti decine di migliaia di nuclei familiari rimangono impantanati fra l'impossibilità di avere accesso a una casa migliore e la possibilità di acquistare un usato che però richiede interventi massicci di ristrutturazione.
Sullo sfondo un patrimonio edilizio cittadino tendente all’obsolescenza soprattutto nelle zone centrali e di più vecchio insediamento, generalmente di mediocre qualità, sul quale nel breve-medio periodo è sempre più improbabile ci siano le condizioni economiche e sociali per interventi di riqualificazione urbana.
Unica eccezione a questa bonaccia, che pian piano comincia a diventare regola, il dinamismo relativo della domanda di case da parte dei cittadini stranieri, ottusamente maltrattati e sottovalutati in termini politici dal governo locale. Oggi, infatti, sono soprattutto gli ex migranti provenienti dall'est Europa che hanno scelto di vivere in città – albanesi, rumeni e moldavi – a fare il passo di acquistare la prima casa. Fra breve saranno i primi africani e asiatici.
Intanto, però, così come avviene sul piano della distribuzione del reddito, anche nella mappa delle proprietà immobiliari si allarga la forbice tra un gruppo ristretto di benestanti che possono permettersi case belle e moderne, e la stragrande maggioranza della popolazione che ha sempre più difficoltà a garantirsi abitazioni di buona qualità, con classi energetiche migliori. Cosa che sta avvenendo anche senza fenomeni di gentrificazione o boom degli affitti brevi turistici.
Per il triennio 2025-27, non a caso, le previsioni di Prometeia per la provincia di Grosseto danno in contrazione il valore aggiunto dell’edilizia, sia in termini nominali che reali (al netto dell'inflazione). Valore aggiunto che già negli ultimi due anni, a dire il vero, è stato sostenuto dai soldi del Pnrr (Europa) e dal Bonus 110%. Ma che dal 2025 (Bonus) e dal 2026 (Pnrr) non eserciteranno più effetti positivi sull’economia.
Ottimo
RispondiElimina