🗳🗳🗳 #LaZetadiZorro/ 5 Sì per smuovere la palude e smascherare gli alibi di tutti
Il problema vero sarà il raggiungimento del quorum. Perché in questi anni ha mietuto più vittime l'astensione che il Covid o la Filossera. Chi scrive è fra quelli che andranno a votare 5 Sì. È lapalissiano.
Quel che lascia basiti, tuttavia, sono le montagne di argomentazioni “politiche” di chi predica l’astensione. A destra, al centro e a sinistra (fette di Pd, a mezzavoce). In questo contesto non è interessante parlare del merito dei quesiti – se una/o non si è informata/o è un problema suo – quanto della capziosità irresponsabile di certi argomenti. A partire da quello della presidente del consiglio. Che dice: “andrò a votare, ma non ritirerò la scheda”. Istigando di fatto al non voto dalla posizione istituzionale che poco commendevolmente occupa. Ma soprattutto dando l'idea chiara di quanto consideri composto fondamentalmente da ebeti il proprio elettorato di riferimento.
Prima di smontare le singole posizioni, una considerazione a monte. C’è un motivo valido in una provincia economicamente depressa come quella di Grosseto per non andare a votare Sì ai 5 referendum, domenica 8 e lunedì 9 giugno? In una provincia dove (dichiarazione redditi Irpef 2024) ci sono quasi 70mila persone con redditi complessivi da 0 a 15.000 euro/anno? Nella quale il reddito medio complessivo pro-capite è il più basso della Toscana (sotto i 23mila euro/anno)? Che occupa l’ultimo posto in regione nell’acquisto di beni durevoli (unici nel 2024 a rimanere sotto i 3.000 euro/famiglia)? Dove la retribuzione media mensile per lavoratore è la più bassa della Toscana (Osservatorio Inps 2024: 1.329 euro/mese col penultimo a 1.511)? Oltre a tutti gl’indicatori macroeconomici più bassi del Granducato: valore aggiunto, Pil, export….. O sociali: incidenza della popolazione anziana, numero di laureati, percentuale dei Neet, abbandono scolastico, indice di fertilità, quota di popolazione giovane…..
No! Un motivo non c’è. Anche solo per il fatto che siamo la realtà economicamente più sofferente (arretrata) della regione, meriterebbe andare a votare 5 Sì. Anche solo per dare uno scossone e rivendicare più attenzione alle condizioni di chi lavora. Perché astenersi, dunque – andare al mare replicano a pappagallo lo slogan da storditi più in voga – invece che battere un colpo che risuoni forte contro i “lavoretti” dei working poor (poveri che lavorano), sottopagati. Più al nero che al grigio. Caratterizzati da una produttività bassa, da secondo mondo. Figli della despecializzazione e della mancanza di aggiornamento professionale? Ci piace davvero così tanto un territorio nel quale la forbice tra le poche migliaia che hanno buoni stipendi, in base all'azienda o all'ente pubblico nel quale lavorano, e le decine di migliaia di altri lavoratori, è sempre più larga ogni anno che passa?
Votare 5 Sì non cambierà il mondo in un batter d'occhio, non ci sono dubbi. Ma è l'unica possibilità a portata di mano delle persone comuni per innescare il non più rimandabile processo di cambiamento del mercato del lavoro in Italia. A partire proprio dai territori come il nostro.
Poi ci sono le incongruenze, oscenamente strumentali, della politica. Che s’indigna quando le persone non si recano alle urne per le elezioni, e poi le invitano a disertarle per i referendum che rischiano di metterla in difficoltà. Quelli che (tutta l'attuale maggioranza di governo) hanno attaccato a testa bassa il Jobs Act perché ideologico e di sinistra, e oggi chiedono agli elettori di rimanere a casa per fare da sponda all’idea distorta, e illiberale, che la competitività economica di un Paese si giochi sulla compressione dei salari e le basse qualifiche professionali. Quelli che il Jobs Act l’hanno votato (Pd, Calenda, +Europa e altri) che oggi, almeno in parte, cavillano per trovare motivi giustificativi dell'astensione o del voto contrario. I qualunquisti di ogni risma: che il sindacato tutela i nullafacenti. Gli evasori fiscali occulti, che a loro certe battaglie non interessano. Insomma, la solita composita, melmosa palude italiana. Il deviato ecosistema mentale nel quale “bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga com’è», per cui si rovescia la narrazione del cambiamento per farla apparire passatista. E così quello dei subappalti è un non problema, i contratti a termine generano lavoro e la concessione della cittadinanza diventa un'elargizione da dispensare a chi lo merita. Chiedere per credere ai morti sul lavoro nei subappalti Esselunga, Enel, Eni, Ferrovie…. Agli stagisti o apprendisti licenziati e riassunti a ripetizione negli anni…. Alla stragrande maggioranza degli stranieri che sgobbano nelle aziende italiane mandano i loro figli a scuola.
E poi ci sono le letture oblique, interessate: i referendum servono all’opposizione contro il governo. O viceversa servono al governo per chiudere la partita con l’opposizione. Non servono all’impresa in un momento economico difficile (dal 2008, crisi dei mutui subprime, c’è più stato un momento facile?). I quesiti referendari sono incomprensibili (come tutti quelli svolti dal 1948 a oggi). Bisogna alzare il numero delle firme perché oggi si può firmare online, ed è troppo facile….. Insomma, ogni scusa è buona per le piccole e grandi rendite di posizione costruite sullo status quo.
Ma è tutto molto più semplice, come dice Maurizio Landini. Con questi referendum c’è per la prima volta da molti anni la possibilità di votare per qualcosa e non per qualcuno. Di ottenere un risultato immediato, anche se non definitivo. Perché le storture del mondo del lavoro non si risolvono con i quattro quesiti abrogativi presentati dalla Cgil, che però non poteva presentarne 50 per affrontare tutti i problemi che denuncia da almeno un decennio. E che i parlamenti con diverse maggioranze non hanno mai avuto né la forza né la voglia di affrontare. Tutto il resto è horror vacui provato da una classe politica inetta e incapace di autoriformarsi. Basta constatare la vergogna dell'incapacità a legiferare sul fine vita, nonostante le ripetute sollecitazioni della Corte costituzionale. Per dirne una.
Nel frattempo, siamo il paese d'Europa con gli stipendi più bassi, che non ha ancora recuperato l'inflazione del triennio 2021-2023. Con la percentuale più bassa di occupazione giovanile e femminile. Con troppi part-time involontari, imposti soprattutto alle donne. Con 160.000 italiani emigrati all'estero solo nel 2024, buona parte dei quali i giovani laureati e qualificati.
I referendum non saranno la panacea per tutti i mali. Di sicuro affossarli non andando a votare acuirà solo la malattia nazionale dell'immobilismo. Facciamoci mente locale.











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