🌩🌩🌩 #tiromancino – Economia toscana a tre velocità: Grosseto viaggerà alle due più basse
«L’economia tiene, i cittadini no», è stata la sintesi efficace, per quanto apparentemente paradossale, al momento di illustrare i contenuti. Quasi a fine luglio l’Ires Cgil (istituto per la ricerca economica e sociale) – insieme a Irpet, Simurg Ricerche, Bankitalia e Cts Firenze fra i soggetti che sfornano regolarmente analisi sull’economia regionale – ha così reso nota la propria analisi sull’andamento della congiuntura economica regionale, alla luce degli effetti dell'inflazione.
Un paradosso apparente - l'economia tiene, i cittadini no - a cui è stato associato un allarme sottovalutato, probabile complice il periodo estivo, relativo a una Toscana che oramai si avvia a «marciare a tre velocità». Cosa non proprio entusiasmante, sia perché tre differenti livelli di sviluppo economico, quindi di reddito procapite, in un territorio tutto sommato così piccolo sono un palese segnale di debolezza e sperequazione. Sia perché per la provincia di Grosseto, significa proseguire con le due marce più basse. C’è poco da fare.
Maremma e Amiata peggio degli altri
Due prime considerazioni: l'economia regionale è tenuta a galla dall'export, 44,3 miliardi nel 2022 che saranno 45,6 quest’anno, ma la provincia di Grosseto è il peggiore territorio esportatore della regione. Con la Venator di Scarlino - azienda che da sola vale quasi 2/3 dell'export maremmano - che ha attualmente bloccato la produzione, senza che si sappia quando e come riprenderà.
Il grosso della crescita del Pil prevista quest’anno dall’Ires Cgil per la Toscana, +1% (+3,6% nel 2022), sarà poi collegata agli investimenti pubblici e privati attivati dal Pnrr, ma le risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza destinate a Maremma e Amiata sono residuali e dall’impatto poco innovativo, rispetto a quanto avviene in tutte le altre province della Toscana. Fra l’altro, la scelta goffa (per esser educati) fatta dal Governo Meiloni di rimodulare 144 obiettivi del Pnrr per complessivi 16 miliardi senza che ancora sia chiaro con quali fonti di finanziamento saranno sostituiti, per la sola provincia di Grosseto mette a rischio almeno 28 milioni di euro di opere già per lo più avviate o affidate. Suscitando ulteriori motivi di preoccupazione.
Bastano questi due indicatori per capire che la nostra provincia vedrà acuirsi il fenomeno di marginalizzazione economica già in corso da una decina d'anni a questa parte. Il che significa in concreto che se la Toscana centrale - l’area metropolitana Fiorentina e l'asse che da Firenze arriva a Pisa - rimarrà quella che viaggia a velocità più elevata, la costa di cui facciamo parte, bene che vada, sarà quella a muoversi con la seconda velocità, mentre quasi tutta la zona dell'interno, ma non esclusivamente quella, viaggerà a scartamento ridotto. La terza e più bassa delle velocità considerate.
Ad abundantiam, giusto per spargere un po’ di sale sulle ferite, secondo l'Ires della Toscana, nei 18 mesi da gennaio 2022 a giugno 2023, i cittadini di questa regione hanno perso in conseguenza dell'inflazione potere d'acquisto per 2.400 euro pro capite. Un trend che non si arresterà nel breve periodo, come dimostra l'inflazione al 5,5% in agosto, con la provincia di Grosseto che ha il record regionale dell'incremento dei prezzi, e l'andamento dei tassi di interesse che incidono su fidi e mutui bancari. Già si sprecano le quantificazioni dell'ulteriore perdita di potere di acquisto fatte da varie associazioni di consumatori, che danno per scontato un ritorno di fiamma dei prezzi dell’energia.
Turismo: fine di un’illusione
Peraltro, bisogna anche prendere atto della fine di un'illusione: questa estate, infatti, ha reso evidente anche che il nostro modello di offerta turistica è entrato definitivamente in crisi. Per cui la spesa per l'acquisto di beni e servizi dei turisti non compenserà in termini di contabili le perdite di altri settori economici. Chi continuava a raccontarsi la pietosa bugia che la ricchezza e le prospettive di sviluppo di questo territorio dipendevano prevalentemente dal turismo, pertanto, dovrà arrendersi alla necessità d’introdurre innovazioni radicali, non indolori, nel nostro modello di sviluppo. Almeno se vogliamo rimanere agganciati al treno della Toscana che tira, per quanto anche quello sia in evidente affanno.
Tutto queste considerazioni, ad ogni modo, potrebbero essere già obsolete, perché le difficoltà Della Germania, e di molti altri paesi Europei, rischiano seriamente di aggravare il quadro dell'economia nazionale. Che fino a poche settimane fa continuava ad essere irresponsabilmente e superficialmente descritta per ottusi motivi di propaganda come la migliore d'Europa, solo perché l'Italia cresceva dello 0,2% in più di Germania e Francia. Ignorando volutamente l'impatto devastante del nostro debito pubblico, ulteriormente aggravato dal rialzo dei tassi d’interesse.
Dove aggrapparsi
A cosa si può aggrappare, dunque, la provincia di Grosseto? Alle solite 150-200 aziende di medie dimensioni appartenenti a diversi comparti che investono, innovano e in alcuni casi esportano, generando valore aggiunto e distribuendo ricchezza. Aziende che stanno nei quattro settori chiave dell'economia - primario, manifatturiero, costruzioni e servizi - e che costituiscono la struttura portante dello sviluppo economico in provincia di Grosseto. Per quanto al massimo si parli di 4-5.000 posti di lavoro.
In particolare, in questo momento, c'è qualche parziale buona notizia. Come il recentissimo via libera al “polo integrato dell'economia circolare” che Iren Ambiente Spa si accinge a realizzare nell'area industriale del Casone di Scarlino: un investimento da 150 milioni di euro che genererà 120 posti di lavoro diretti, oltre a quelli nell'indotto. Tuttavia, la boccata d'ossigeno arriverà, bene che vada, a fine 2025. E comunque stiamo parlando di 200-250 nuovi occupati, che, per quanto benedetti e ad alto contenuto tecnologico, rimangono pur sempre un cucchiaio d'olio in un mare in tempesta. Tempesta che, si faccia il segno della croce chi ci crede, c'è solo da augurarsi non travolga nel frattempo l'impianto Venator, sempre al Casone di Scarlino. Perché nel caso saltasse quello, come è possibile, di posti di lavoro ne verrebbero a mancare circa 500. Per cui anche contabilizzando quelli futuri di Iren, il gioco sarebbe a somma negativa. Nemmeno zero.
Anche il settore agricolo è in grande fermento. Con processi di concentrazione agraria dovuti a grossi investimenti da parte di alcuni player nazionali dell'agroalimentare, cosa che peraltro pone a sua volta interrogativi. Dal comparto vitivinicolo a quello olivicolo, passando per orticoltura e frutticoltura. Oltre a una relativa effervescenza in quello della trasformazione del grano. Tutte iniziative, però, che richiederanno tempo per dare i propri frutti, sia in termini di prodotto interno lordo che in quelli occupazionali.
Energie rinnovabili?
Infine, con l'ottimismo della volontà (e il pessimismo della ragione), anche tenuto conto del conservatorismo culturale che in questo territorio ha generato consolidate rendite di posizione, a dare qualche motivo di speranza ci sarebbero le energie rinnovabili: in particolare geotermia, eolico e fotovoltaico/agro-voltaico. In tutti e tre gli ambiti l'avversario da battere è quello degli interessi costituiti - generalmente di natura immobiliare o agraria - che con il paravento nella tutela ambientale e paesaggistica ostacolano in ogni modo lo sviluppo delle fonti rinnovabili. L'avversione alle centrali geotermiche, che nel frattempo si basano su una tecnologia innovativa che consente la reiniezione nei serbatoi geotermici sotterranei dei fluidi senza dispersione in atmosfera degli elementi inquinanti, ha oramai alle spalle una vasta e retriva sequela di esempi negativi. Più recente, invece, la crociata contro l'installazione di pale eoliche - in particolare all'interno delle casse di espansione dell’Albegna in zona San Donato (Orbetello), e nella zona sperduta di Montauto (Manciano) - dove l'opposizione si basa su argomentazione al limite dell'esilarante: dal pregio, tutto da dimostrare, delle anonime lande lungo il fiume Albegna, al fatto che le colline di Montauto sarebbero uno dei luoghi più “bui” d’Italia, senza forme di inquinamento luminoso, e quindi degne d'essere tutelati impedendoci l'installazione di pale eoliche. Tutto questo, come se le polemiche pretestuose di circa 15 anni fa contro l'attuale parco eolico dei Poggi Alti a Murci (Scansano) - quando si paventò l'annientamento del turismo e delle produzioni vitivinicole nel territorio del Morellino - non avessero dimostrato alla prova dei fatti tutta la loro dannosa inutilità. A fronte dell'urgenza, ogni giorno ribadita da madre Natura, di fare tutto quanto sarebbe nelle nostre possibilità per accelerare la decarbonizzazione della produzione di energia, abbattendo le emissioni di gas serra.
Sarà divertente, nelle prossime settimane, assistere alle lamentele dei “custodi” del paesaggio per l'impennata dei prezzi dei carburanti a seguito della riduzione di estrazione di petrolio decisa proprio un paio di giorni fa dall'Opec per alzare i prezzi.
Concludendo con una battuta, che poi non è nemmeno tale, nei mesi a venire questa provincia dovrà camminare sulle uova perché, questa volta davvero, dover scalare brutalmente le marce e passare dalla prima alla terza velocità dell'economia regionale è un rischio più che concreto.
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