✅✅✅ #tiromancino/ Il ridicolo della pandemia: Scarlino zona rossa per festa di compleanno. E l’ospedale di Grosseto ai grossetani

 

L'ospedale della Misericordia
La nuova ala sud-est dell'ospedale della Misericordia di Grosseto (liberamente interpretata da Pongo™)

Come non fosse passato un anno. Coi morti, le sofferenze e lo stato di alienazione indotto dalla necessità di distanziamento sociale. A Grosseto come nel resto del Paese. Quel che lascia sconcertati è il modo in cui l’imbecillità cristallina di un numero limitato, ma «dannivo», di singoli individui e l’inadeguatezza conclamata di pezzi di classe politica, continuino a produrre danni sociali incolpevolmente subiti dalla gran parte delle persone normali.


Così nemmeno le brutte esperienze danno buoni risultati in termini di prevenzione, e oggi Scarlino, Grosseto, Arcidosso e Castel del Piano sono tornati zona rossa. Col lockdown che mette in croce tutti: chi ha la casa grande e col giardino, e chi vive in un miniappartamento. Chi può gestirsi il lavoro in smart working e chi deve rinunciare a lavorare.


Certo. Poi ci sono quelli che sostengono bisogna smetterla di colpevolizzare le persone, coi loro comportamenti, e assolvere il “sistema”. Evocando l’idea di un grande complotto ordito di volta in volta da chi ci governa, per controllarci (nientemeno), dalle case farmaceutiche, dal gruppo Bildemberg…. Insomma, la solita paccottiglia ideologizzata, promossa e gestita da certa politica avariata. La stessa che liscia il pelo a chi vorrebbe riaprire i ristoranti o ricominciare col rito degli aperitivi, come se tutti si precipitassero a gozzovigliare per esorcizzare il pericolo. Un circolo Pickwick di eminenze raffinate che trova sempre, colpevolmente, un pulpito mediatico che ne amplifica le scempiaggini. Conferendogli col pretesto della libertà di pensiero il rango improbabile di notizia.


A proposito. Sarebbe carino, ad esempio, ascoltare le dotte argomentazioni che senza meno esibirebbe il gruppo di adulti affetti da sindrome di Peter Pan (comportamenti adolescenziali) che un paio di settimane fa, tra Scarlino e “lo Scalo”, ha partecipato a una festa di compleanno di una cinquantenne. Che proprio, poverina, non poteva fare a meno di festeggiare una così imperdibile ricorrenza. E con lei i suoi amici frementi. Più che altro perché grazie alla loro esuberante lungimiranza, già da lunedì scorso Scarlino ha dovuto sorbirsi la zona rossa. Con la chiusura di tutte le attività non ritenute indispensabili.


Nell’occasione del baccanale per il genetliaco della nostra, infatti, gli astuti baccanti hanno contratto il perfido Coronavirus. Che poi hanno propalato fra gli ignari scarlinesi. E guarda un po’?! Una volta cominciato a tossire e scatarrare, recatisi al pronto soccorso per farsi visitare, i nostri eroi hanno omesso di raccontare dove avevano contratto il morbo e con chi erano. Impedendo un efficace tracciamento dei contatti in chiave di prevenzione. Tanto è vero che, si dice in paese, i Carabinieri starebbero svolgendo un’indagine. Perché nascondere informazioni sul contagio costituisce reato. All’ombra della rocca pisana che sovrasta il borgo di Sarlino, da giorni non si parla d’altro. In farmacia e in piazza, al supermercato e in ogni dove. Dal centro storico alle campagne dello Scalo, fino al Puntone. Una storia esemplare d’imbecillità di provincia. Sulla quale, c’è da giurarci, presto fiorirà una ricca aneddotica.


E d’altra parte i geni incompresi di Scarlino, si trovano in ottima compagnia. Come testimoniano le cronache locali, disseminate di notiziole che riportano di aperitivi estremi, assembramenti e adunanze varie. Con multe e ammonimenti connessi. Senza dubbio una minoranza, anche risicata, di menti claudicanti. La cui incoscienza, però, arreca nocumento a lo popolo tutto. Che in tempo di pandemia, rimane nella gran parte prudente e coscienzioso. Ma tant’è.


Su un altro terreno, non meno scivoloso, si muovono alcune figure istituzionali. Tralasciando le gesta epiche di un Salvini, per dire, oramai degradato al ruolo di provocatore seriale, privo d’originalità e attrattiva, sul piano locale abbiamo esempi eccellentissimi.


Come il sindaco di Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, che di fronte al ricovero all’ospedale della Misericordia di una manciata di contagiati aretini, perché l’ospedale di Arezzo era in affanno, non ha trovato di meglio che inviare una pec al direttore generale della Usl Toscana Sudest per intimargli, insomma, che l’ospedale di Grosseto è per i maremmani, «ça va sans dire». «Questo anche perché – recita la pec, perfidamente passata ai media - sulla base dell'andamento della pandemia nelle ultime settimane, non è da escludere un aumento dei ricoveri, nel nostro ospedale, di pazienti che si trovano a fare i conti con il Covid e necessitano di cure. È chiaro che il Misericordia debba quindi essere, per prima cosa, al servizio del territorio provinciale e sempre pronto a rispondere alle sue esigenze, in particolare quelle emergenziali, come in questo caso. Senza quindi andare a sopperire, quando possibile, a carenze di altre strutture. Tale presupposto deve valere soprattutto in questo momento in cui il comune di Grosseto e tutta la provincia rischiano di diventare zona rossa proprio per l'aumento dei contagi». Naturalmente inviata a seguito delle preoccupazioni riportategli da numerosi cittadini, chiosa Il Tirreno.


Insomma, dal sovranismo economico (soffocato nella culla dalla Bce) a un pretenzioso sovranismo sanitario di provincia, il passo è breve. Per quanto su un terreno periglioso. Perché di campanilismo in campanilismo, un domani, con una deflagrazione ulteriore della pandemia, potremmo trovarci di fronte alle barricate per l’ospedale di Orbetello agli orbetellani. Con posto di blocco e cavalli di frisia a guardia del ponte sull'Albegna, per garantire la sanità agli abitanti dello Stato dei Presidi. Oppure a un ostracismo dei senesi che non vorranno più grossetani nella terapia intensiva delle Scotte, che prende in carico i pazienti più complessi. E non vogliamo pensare a cosa potrebbero farci alla prima occasione i temibili «botoli ringhiosi» aretini (diceva Dante), memori dello sgarbo sindacale.


Fra l’altro, mentre il nostro scriveva allarmato al povero direttore Generale Antonio D’Urso per rampognarlo sui rischi che i grossetani correrebbero con un ospedale occupato da una progenie straniera, in tempo di pandemia, con disinibita noncuranza, si recava a festeggiare in casa loro arzilli centenari. Per celebrarne con un selfie elettorale l’ambito traguardo.


Ecco, diciamocelo senza imbarazzi, i sovranisti non ci fossero bisognerebbe inventarli. Perché l’evoluzione della specie campanilista, che in Toscana ha solide radici sub-culturali, è infinitamente più divertente dell’originale. E la variante maremmana raggiunge vette inarrivabili. Di cui andar fieri.

#tiromancino

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