💣💣💣 #tiromancino/ Italiani “idioti” che plaudono i propri carnefici? Quant’è veritiera la narrazione?
«Partirò dal presupposto che gli Americani sono degli idioti». È la battuta che Thomas Kirkman, immaginario presidente democratico Usa nella serie tv Netflix “Designated Survivor”, dice durante il colloquio con un senatore conservatore. Al quale chiede sostegno bipartisan al salvataggio statale di un Fondo pensioni collassato per una truffa finanziaria da 31 miliardi di dollari. Kirkman spiega: «il governo ha il compito di aiutare chi non ce la fa ad aiutarsi da solo» (riferendosi a pompieri, insegnanti, infermieri…che a causa della truffa perderebbero la pensione). Il senatore repubblicano gli risponde da autentico conservatore e liberista: «Il mio partito non crede nei salvataggi, crede nella responsabilità individuale». Dal che la risposta sarcastica del presidente sugli «Americani idioti» (all’indirizzo del senatore).
Questa prolissa e apparentemente incongrua premessa per dire che quella battuta sembra interpretare bene la concatenazione dei fatti politici e di cronaca di questi ultimi giorni. Traslando gli «idioti» dagli Americani agli Italiani. Ovverosia, sono davvero idioti gl’Italiani, che apparentemente non perdono occasione per blandire i propri carnefici?
Com’è possibile che sembri largamente prevalente il dissenso rispetto alla moderatissima proposta di Enrico Letta di tassare i patrimoni nella quota eccedente i 5 milioni di euro al momento della successione, per finanziare un plafond di 10.000 euro a circa la metà dei diciottenni italiani? Proposta che ha l’obiettivo di dare un’opportunità (di studio, viaggio di formazione, apertura di un’attività…) a quella parte di ragazze e ragazzi che non ha famiglie economicamente solide alle spalle?
Come si spiega, in Italia, che sia considerata minacciosa una tassazione di eredità o donazioni superiori a 5 milioni di euro tra genitori e figli? Manco la maggioranza avesse patrimoni di quelle dimensioni? In un Paese dove l’aliquota sulle successioni è di appena il 4% (sul patrimonio eccedente un milione di euro a figlio erede), quando in Germania è al 30%, in Spagna al 34%, in Gran Bretagna il 40%, in Francia il 45%.
Eppure, a leggere molti argomentati commenti, il problema vero di questi anni starebbe nel divario crescente tra pochissimi molto ricchi, e la stragrande maggioranza che s’impoverisce sempre più. A partire dal ceto medio. In seguito a politiche liberiste che procedono trionfanti da metà anni 80, e in conseguenza di tre crisi economiche globali nel 2008 (mutui sub-prime), 2011 (debiti sovrani) e 2020 (Covid). Scenario fotografato chiaramente dal portale di divulgazione economica lavoce.info, che dà numeri impietosi e agghiaccianti: «a partire dalla metà degli anni 90 e fino al 2016, lo 0,1 per cento più ricco ha visto raddoppiare la sua ricchezza netta media reale (da 7,6 milioni di euro a 15,8 milioni di euro ai prezzi del 2016). Facendo raddoppiare la sua quota dal 5,5 al 9,3 per cento della ricchezza nazionale. Al contrario, nel 1995, il 50 per cento più povero controllava l’11,7 per cento della ricchezza totale, e il 3,5 nel 2016. Ciò corrisponde a un calo dell’80 per cento della sua ricchezza netta media (da 27 mila a 7 mila euro a prezzi 2016)».
A leggere i giornali e ascoltare Tg e opinionisti vari, tuttavia, la cauta e insufficiente tassa sulle successioni proposta da Letta, potrebbe minare le fondamenta del patto sociale. Aprire inquietanti scenari di guerriglia civile. Smantellare il benessere diffuso di cui, tutto sommato, il Paese ancora gode…….Uno stillicidio farsesco di puntualizzazioni e distinguo caccolosissimi, che in definitiva delegittimano l'ipotesi.
Stesso ragionamento, mutatis mutandis (in condizioni diverse), vale per altri temi. Come la sicurezza sul lavoro. La morte di Federico Regoli, il 43enne deceduto sul lavoro a due passi da Casa Mora (Castiglione della Pescaia), è il pretesto tragico per ragionarne. Ma potrebbe essere la strage della funicolare di Mottarone. La morte della giovanissima Luana D’Orazio, ingoiata a Prato dall’orditoio al quale era stato rimosso il dispositivo di sicurezza per lavorare più in fretta. Oppure gli operai cinesi della Pelletteria Serena di Prato, malmenati in caso d’errore e pagati tre euro all’ora per realizzare borsette che la griffe committente rivendeva su internet a 820 euro l’una. Andando più indietro nel tempo, potremmo mettere nel concone anche la vicenda (oscena) del ponte “Morandi” di Genova. Mentre, nel frattempo, nel primo quadrimestre di quest’anno, all’inizio di quello che sarà il più clamoroso rimbalzo dell’economia italiana e mondiale, le “morti bianche” (sul lavoro) sono già cresciute del 9.3 per cento in più sullo stesso periodo del 2020.
Possibile che di fronte alla logica del profitto, tutti quanti cedano le armi? Che ci sia un’incapacità di gregge che impedisce all’opinione pubblica di pretendere un cambio di passo? Che si sostenga con leggerezza il ritorno a gare al massimo ribasso con la competizione più cruenta fra aziende sui costi, fatalmente pagata con la vita da chi lavora. Che diventi bestemmiare in chiesa pretendere che se un’azienda ricorre alla cassa integrazione agevolata per Covid, debba poi rinunciare a licenziare fino al 31 dicembre. Sempre e comunque in nome del mantra del mercato e della regola inscalfibile della concorrenza.
È curioso e inquietante questo paradosso. Per cui i cantori dello status quo – l’informazione mainstream (che fa opinione) – sono coloro che godono dei privilegi del capitalismo senza vincoli. Mentre le vittime potenziali di quella logica implacabile li applaudono nella speranza (irrealistica) che non tocchi mai loro. È controverso che ci sia una fascinazione ideologica per lo «stato di natura» descritto nel 1641 dal filosofo Thomas Hobbes col motto «homo hominis lupus» (l’uomo è lupo con gli uomini), proprio da parte di coloro che sono destinati a essere pecore.
E che quest’egemonia culturale tipicamente di destra, conservatrice e classista, sia sposata da almeno metà della popolazione, una bella fetta della quale collocata alla base della piramide sociale. La quale, sviata dallo spauracchio del nemico per antonomasia – i migranti – non coglie l’ironia di ritrovarsi nella poco esaltante posizione della vittima che esalta i propri aguzzini. Nell’apoteosi collettiva della sindrome di Stoccolma.
Tutti «idioti», o almeno in buona parte, noi Italiani? Possibile dover sperare in un governo illuminato, che agisca ex cathedra?
Non ci sarà qualcosa di decettivo, d’ingannevole, fuorviante, in questa narrazione a-realistica della realtà? Non è che tendiamo tutti a credere a quel che ci raccontano, perché farsi un’opinione sulla base d’informazioni veritiere è oltremodo faticoso. E forse ingrato?
Magari, in attesa di un Thomas Kirkman “de noantri”, sarebbe commendevole iniziare a farsi qualche domanda in più. E a pretendere risposte che non siano già state scritte.
Salve . Credo che x avere opinioni più chiare sulle argomento "mini patrimoniale" sarebbe saggio andare alla fonte cioè raccogliete le opinioni dei diretti interessati, dei lettori dei giornali e la vasta opinione pubblica.. Non confondere la voce dei giornalisti con quella delle persone Purtroppo molti giornalisti riflettono il pensiero dei loro datori di lavoro che di patrimoni ne hanno, annesso braccino corto..
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