🍷🍸🍹🍺 #tiromancino – In difesa di camerieri, lavapiatti, aiuto cuochi, barman, addetti alle camere e di spiaggia. Grazie per aver affondato l’ipocrisia
Oggi va di moda prendersela col reddito di cittadinanza, indiziato fittizio d’essere la causa della penuria di personale stagionale per le attività di ristorazione e quelle alberghiere. Il modo ipocrita tutto italiano di non affrontare alla radice il problema del mercato del lavoro stagionale, da sempre regno incontrastato del grigio, del nero e degli orari continuati senza giorno libero. Come sanno anche i sassi.
Il paradosso (divertente) è che il lungo periodo della pandemia ha fatto esplodere un problema che c’era da tempo. Per cui oggi i fautori del capitalismo selvaggio, quello che per anni ha consentito a una minoranza di accumulare profitti ingenti puntando sul lavoro stagionale sottopagato, si ritrovano vittime del mercato (del lavoro). Che non fornisce più manodopera a basso costo, in un salutare rigurgito contemporaneo della lotta di classe. Sentire una come Daniela Santanchè che sbraita in tv contro il «maledetto reddito di cittadinanza» che a suo dire impedirebbe di trovare camerieri, barman e cuochi, pertanto, provoca un salutare brivido di piacere anche in chi non deve accontentarsi di un lavoro stagionale per campare.
Finalmente il re è nudo, quindi. Perché sono almeno vent’anni che la forbice tra chi ha troppo e chi ha troppo poco si va divaricando. Come fotografano con la regolarità del metronomo oramai da tutte le analisi economiche. Complice la pandemia, dato frettolosamente in ritirata definitiva, oggi però il conflitto sociale sta tornando in auge. E a dispetto di quel che pensano i garantiti di qualunque categoria, si tratta di un bene. Perché è l’ora di rimettere in discussione privilegi e rendite di posizione nella distribuzione della ricchezza, per arrivare ad avere maggiore equità sociale. Dal momento che non è accettabile dare per scontato che una fetta consistente, e crescente, della popolazione, compreso il ceto medio travolto dalla logica del turbo capitalismo, debba rassegnarsi a vivere di lavoro povero. Inadeguato a garantire un’esistenza dignitosa.
Quello che c’è da augurarsi è che l’onda montante che sta mettendo in discussione i disequilibri storici del mercato del lavoro stagionale, si estenda a tutti gli altri settori del mondo del lavoro sottopagati e precarizzati. Anche dove sono richieste qualifiche professionali medio alte. Chi sentisse odore di bolscevismo, magari, si chieda perché l’emigrazione all’estero dei laureati italiani è cresciuta del 41 per cento dal 2013 al 2019. Come ha appena sottolineato un rapporto della Corte dei Conti sull’università italiana e sulla capacità del Paese di trattenere il cosiddetto «capitale umano». Tanto per rimanere nel perimetro della logica del capitalismo.
Il problema, quindi, non riguarda solo camerieri, barman, cuochi, addetti alle camere d’albergo o alla spiaggia, ma è molto, molto più vasto. Per cui a queste persone dovremo essere tutti enormemente grati per aver fatto deflagrare una questione sociale seria. Nella speranza la maggioranza degl’Italiani, così sensibili alla cultura della rimozione collettiva, non accantoni tutto una volta passata l’estate.
Tornando all’esercito di stagionali che dalla Sicilia alle Alpi sembrano attraversati da moti di ribellione. Al di là di personaggi grotteschi come la Santanché, c’è davvero qualcuno pensa sia semplicemente un problema collettivo d’indolenza, di reddito di cittadinanza e di scarsa propensione a lavorare? Possibile che nel Paese più indulgente che ci sia al mondo (avanzato) con l’evasione fiscale, il capro espiatorio per antonomasia debba diventare il cameriere stagionale? Che nella vulgata dei garantiti s’approfitta della situazione coniugando un gargantuesco (direbbe qualcuno) reddito di cittadinanza con un lavoretto al nero (a proposito chi pagherebbe in nero?).
Guardiamo, per esempio, quel che succede qui da noi in Maremma. Terra di turismo per eccellenza. «Anche gli stipendi sono in linea con i contratti nazionali, per chi ha esperienza e ha già svolto queste mansioni si possono superare i mille euro al mese»…… . È un pezzo della dichiarazione di un rappresentante dei ristoratori follonichesi, pubblicata sul Tirreno di sabato 5 giugno. Naturalmente preceduta dai soliti stereotipi, a partire da quello sull’effetto del reddito di cittadinanza.
Ora, se qualcuno preferisce un’altra occupazione a fare il cameriere per un paio di mesi all’anno, se va bene tre, per poco più di mille euro, lavorando con buone probabilità 10-12 ore al giorno senza giornata di riposo, c’è qualcuno che si sente di condannarlo? Per quale motivo una persona dovrebbe ambire a lavorare pochi mesi, sgobbare molto e guadagnare poco, senza avere garanzie di reddito per il resto dell’anno? Anche fossero 2.500 euro al mese per due mesi - perché al di là delle chiacchiere, se va bene, quasi tutti il contratto full-time lo fanno a luglio e agosto – vale davvero la pena? È quello che devono essersi chiesti in diversi, fra camerieri, barman, aiuto cuochi, lavapiatti e addetti alle pulizie. Dandosi la risposta che forse era meglio avere il week end libero e fare un orario di lavoro umano. Magari guadagnando 8-900 euro ma 12 mesi all’anno, con un lavoro altrettanto poco considerato ma in un altro settore. Perché, forse, lavorare 12 ore al giorno per guadagnare 20-30-40mila euro al mese può anche valere la pena. Ma per 1.000-1.200 euro onestamente no.
Poi ci sarebbe da considerare l’effetto della pseudo riforma di quell’altro genio incompreso del capitalismo smart (col culo degli altri), tale Matteo Renzi. Che in un impeto moralista degno di miglior causa – fra gli applausi di quasi tutti (Bersani e altri no) - col Jobs Act ha abolito la vecchia indennità di disoccupazione per gli stagionali. Prima con sei mesi di contratto da stagionale, quando te lo facevano, l’indennità di disoccupazione integrava il reddito per gli altri sei. Oggi con sei mesi di contratto, che non ti fa nessuno, hai tre mesi di Naspi. Ergo se vuoi lo stagionale, pagalo di più. È il mercato bellezza!
Quanto poi al reddito di cittadinanza, bisognerebbe evitare di cadere nel ridicolo. I requisiti per percepirlo sono chiari: bisogna avere famiglia, figli a carico, una casa in affitto, non aver lavorato da un anno. Quando va bene prendi 700 euro se hai un affitto da pagare, altrimenti in media si va dai 160 ai 500 euro/mese. Avere la bava alla bocca perché lo Stato dà una mano a chi ha l’acqua alla gola è semplicemente vergognoso, indegno. Utilizzare questo alibi per colpevolizzare le persone e coprire le proprie inadempienze è bieco. Va detto a brutto muso.
Infine, l’altra faccia della medaglia, che riguarda quelli che al ristorante ci vanno. La loro parte potrebbero farla: chiedendo col conto fattura o ricevuta fiscale. Però sempre, non solo quando la puoi scaricare.
Ottima riflessione.
RispondiEliminaOttime e veritiere riflessioni. Suggerisco però per avere una visione più completa di leggere La Società Signorile Di Massa del Prof. Luca Ricolfi, dove si da una spiegazione aggiornata del modus vivendi della società italiana.
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