💣💣💣 #tiromancino – Moriremo affogati nei rifiuti. E una risata ci seppellirà (direbbe l’anarchico Bakunin)
Signori lo spettacolo va in scena! Rispetto alla gestione dei rifiuti le cambiali firmate negli anni sulla nostra pelle, arrivano a scadenza tutte insieme. E la Toscana nel suo complesso ci fa una figura poco meno peggiore di quella di Lazio, Sicilia o Campania, per citarne alcune.
Il mix di demagogia populista ispirato alla sindrome di Nimby («not in my backyard»: non nel mio cortile di cassa - ndr), d’immobilismo delle istituzioni regionali e locali, d’ignavia e approccio ideologico di cui sono intrisi i partiti, ha generato le condizioni ideali per il collasso del sistema regionale di trattamento dei rifiuti, che puntualmente è arrivato. Sia nel campo dei rifiuti urbani che in quello dei rifiuti speciali, pericolosi e non.
A far esplodere la situazione, in modo particolare, la carenza d’impianti di trattamento (dagl’inceneritori per il recupero d’energia agl’impianti TMB, a quelli di recupero e riciclaggio dei materiali) e l’estensione della raccolta differenziata porta a porta (molto costosa) senza che ci fosse una filiera strutturata di trattamento e un mercato in grado di assorbire le cosiddette «materie prime-seconde». Il risultato è che a livello regionale il 34% dei 2,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni anno in Toscana, viene ancora conferito in discarica. E che la Tari è troppo alta anche perché gravata dell’ecotassa figlia di quei conferimenti. D’altra parte, le poche residue discariche disponibili sono in via di rapido esaurimento. Mentre il rinvio eterno delle scelte sull’impiantistica sta mandando in crisi anche alcuni distretti industriali determinanti per il prodotto interno lordo regionale: cartario, conciario, oro, pelletteria, tessile e lapideo. In tutto più di 7 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno.
Bruxelles, peraltro, ha stabilito tre obiettivi da raggiungere entro il 2035 (tra 14 anni) per i rifiuti urbani: il 65% di materiali recuperati, il 25% di recupero energetico e al massimo il 10% di scarti (del ciclo di trattamento dei rifiuti) in discarica. È appena il caso di notare che recupero energetico sta a significare in-ce-ne-ri-to-ri, pirogassificatori e amenità simili. Che tanto inguastiscono i nostri ambientalisti da salotto, ma che in Europa e Nord Italia trovano curiosamente proseliti….
Le responsabilità
Se siamo a questo punto, di chi è la colpa? Oggettivamente di tutti quanti. Non nel senso di «tutti colpevoli, nessun colpevole», ma in quello che non c’è nessuno che non abbia «il culo sudicio».
La Regione e la maggioranza che la governa prima di tutti, «ça va sans dire». Gli Enti locali incapaci di assumersi una responsabilità di governo, scolastici al massimo nel blandire gli spiriti animali di un’opinione pubblica intontita da narrazioni apocalittiche degne delle fandonie no-vax.
I partiti politici tutti: il Pd che ha rinunciato al riformismo come motore costitutivo della propria azione di governo. Il Centrodestra tutto, che al massimo cavalca l’onda. L’esempio della Lega è eclatante: favorevoli agli inceneritori nella comunicazione elettorale (vedi regionali 2020), ferocemente contro gl’inceneritori sui territori, come a Scarlino e Follonica. Il Movimento 5 Stelle che si identifica nel comitatismo, sostenendo teorie che sconfinano nel misticismo Sufi e avanza non-soluzioni irrealizzabili. La sinistra-sinistra che parla sempre di un altro mondo, parallelo a quello reale.
Il popolo, che su facebook s’indigna con riflesso pavloviano per ogni cassonetto traboccante d’immondizia o per ogni aumento della Tari. Ma rifiuta ostinatamente di prendere atto di come si fa là dove le cose funzionano.
Insomma, c’è da esser per nulla ottimisti: la maionese è impazzita, ognuno guarda al proprio orto e manca un humus culturale comune a partire dal quale costruire il governo dei problemi.
La trovata della Regione
In questo ambiente entropico, venerdì scorso la Regione Toscana se n’è uscita con una nuova proposta per bocca dell’assessora “al sudicio”, Monia Monni. Una toppa che per come è stata abbozzata potrebbe essere peggiore del buco.
L’idea anticipata a “La Repubblica Firenze”, più o meno, sarebbe la seguente. La Regione rinuncia a localizzare gl’impianti per il trattamento dei rifiuti, ma, definite le linee guida sui rifiuti urbani, pubblica un bando regionale per selezionare tre-quattro proposte di impianti con le migliori tecnologie disponibili (best available tecnologies, ndr) contando sullo spirito d’iniziativa delle grandi e medie aziende del comparto (le famigerate utilities e multi-utilities). Queste dovranno a loro volta trovare prima l’accordo con gli Enti locali per localizzare gl’impianti, ed evitare così estenuanti e inconcludenti contenziosi. Selezionati i progetti, gli Ato Rifiuti firmano i contratti coi gestori.
Dulcis in fundo. Basta inceneritori, avanti con non meglio specificati impianti di nuova generazione testati nientepopodimenoché in Giappone. Che con un trattamento ad alte temperature e basse emissioni di CO2, ricaverebbero dal Css (combustibile solido secondario, ndr) idrogeno, metanolo e palline di vetro (risultato dei processi fusori).
Detta così parrebbe quasi allettante. La classica narrazione edificante. Ma in verità, direbbe Tancredi, nipote del principe di Salina: «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».
Le pietre d’inciampo
Intanto, magari, visto che da circa vent’anni non si riescono a localizzare impianti per il trattamento dei rifiuti perché ovunque si propongano qualcuno sale sulle barricate, e tutta la politica gli va dietro, sarebbe carino spiegare perché la ritirata della Regione dovrebbe aiutare multiutility ed Enti locali a trovare le soluzioni. Al di là del fatto che la Regione abdicherebbe al proprio ruolo di mediatore politico/istituzionale. Sarà forse un caso che su questo aspetto c’è stata unanime levata di scudi?
Poi ci sarebbe da capire come conciliare sul piano giuridico la pubblicazione di un bando regionale per scegliere gl’impianti e poi imporli agli Ato Rifiuti (consorzi dei Comuni) che dovrebbero firmare i contratti coi gestori. Con la Regione che prima indossa i panni di Ponzio Pilato chiamandosi fuori dalle scelte di localizzazione, poi gioca al sensale con le Multiutility, e infine fa sesso con le chiappe degli Ato Rifiuti. Un piano sicuramente affascinante, quanto macchinoso e dagli esiti improbabili.
Infine, ma particolarmente importante, la questione delle tecnologie. Assodato che per l’opinione pubblica ostaggio del pregiudizio a-scientifico gl’inceneritori sono il grande Satana (povero diavolo). E considerato che il Css è prodotto coi rifiuti. Bisognerebbe convincere un po’ tutti che d’ora in poi si passa a nuove tecnologie per trattare il sudiciume che allegramente continuiamo a produrre: tipo i reattori alla Kryptonite (quella di Superman).
Perché i fantasmagorici impianti ad alte temperature, i dissociatori molecolari, i pirogassificatori, le bioraffinerie e gl’impianti al plasma sono tutte evoluzioni tecnologiche degli inceneritori. Ovverosia trattamenti termici a temperature variabili tra i 400 e i 1.000 gradi centigradi, attraverso i quali si distrugge o si scompone materia per ricavarne energia, sottoprodotti e scarti da destinare in discarica. Tutte tecnologie testate e sicure, com’è ovvio che sia.
Quindi, per evitare di farsi fare un «culo come una manica di cappotto» dai soliti comitati in servizio permanente attivo, forse sarebbe meglio dire subito le cose come stanno. Perché in tutto il mondo avanzato la scienza non è sinonimo di magia. E le soluzioni magiche sono credibili solo a Topolinia.
I trattamenti a freddo, ad esempio, vanno bene per estrarre olio extravergine d’oliva. Non per i rifiuti. Ma magari a Scarlino Iren sta mettendo a punto un sistema caricato a elastico che macina i rifiuti con le ruote in pietra dei vecchi frantoi, e noi ancora non ne siamo a conoscenza…..Vai a sape'...
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