🚗🚙🚌🚛🚜🚚 #tiromancino – I 200 milioni per il Corridoio tirrenico alibi per non fare mea culpa sul passato

 













Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. Nel 700° anniversario dalla scomparsa del sommo poeta la citazione è ovvia ma calzante; a compendio della lezione da trarre dalla vicenda del corridoio tirrenico. Paradigmatica rispetto alle inadempienze di buona parte delle classi dirigenti. Incapaci di decidere al momento opportuno, e oggi pateticamente impegnate a giustificare piccoli passi in avanti. Ancora non risolutori, nonostante gli anni corrano.

È una delle costanti storiche che in questa provincia fanno perdere da decenni il treno dell'adeguamento del principale asse viario che attraversa il territorio da sud a nord.

Il pretesto per ragionare su questa patologia cronicizzata è dei giorni scorsi. Quando è arrivata la “notiziona” dello stanziamento con la prossima legge di stabilità di 200 milioni di per l'adeguamento della strada statale Aurelia. Finanziamento contenuto nel plafond di 2,1 miliardi destinato all'Anas per le manutenzioni della rete stradale nazionale.


Il bello è che dopo mezzo secolo di discussioni surreali, i primi soldi veri corrispondono più o meno a un decimo del costo effettivo per l'adeguamento a quattro corsie, con standard di superstrada europea, dell'agognato corridoio tirrenico. A seguire il profluvio di dichiarazioni minimaliste di morigerata felicità per la positiva novità, ma non troppo. In un grande collettivo “gaudeamus interruptus” politico. Alibi perfetto per procrastinare l'attesa messianica della soluzione finale (più soldi), e omettere l'analisi sugli errori del passato col conseguente «mea culpa».

Il problema, però, non è tanto l'atteggiamento odierno, che onestamente non poteva che essere improntato alla “riduzione del danno”. Quanto l'attitudine alla subalternità manifestata negli anni passati; l'ultima volta è successo durante la campagna elettorale del 2016, di cui oggi ci “godiamo” i frutti maturi. Quando invece di tenere duro sull'autostrada, e stato deciso il definitivo ripiego sull'adeguamento dell’Aurelia, naturalmente a spese dello Stato. Il che ha significato rinviare la soluzione del problema alle calende greche.

Anche prendersela con Sat (società autostrada tirrenica) costituisce un’ingombrante dimostrazione di subalternità. Accusandola di ostruzionismo rispetto al passaggio di consegne ad Anas. Dal momento che col Decreto trasporti sono stati stanziati 50 milioni di euro, per acquisirne la progettazione a suo tempo redatta. Poiché si sapeva benissimo i contenziosi tra società per azioni non si risolvono con le pacche sulle spalle, ma coi quattrini sonanti.

Peraltro, Anas è impaniata nella riorganizzazione aziendale per separare la gestione del ramo delle strade statali (con Ferrovie Italiane) da quello che si occuperà di gestioni autostradali, affidato ad Autostrade per l'Italia. Nel frattempo, transitata da Atlantia a Holding Reti Autostradali Spa, costituita da Cassa Depositi e Prestiti [51%], Blackstone Infrastructure Partners [24,5%] e Macquarie Asset Management [24,5%]. Motivo per cui, bene che vada, il mitologico commissario per l’adeguamento della vecchia Aurelia arriverà a gennaio o febbraio 2022.


Tutto questo per dire che la pluriennale guerra di religione contro l'autostrada - più larga di due o tre metri di una superstrada a standard europei, come quella che sarà realizzata (forse) nei 187 km da San Piero in Palazzi a Tarquinia - ci ha fatto perdere un'occasione d’oro di sviluppo e modernizzazione dell’intero territorio. Lasciandoci un'arteria che oggi è degna di un Paese dell'Europa dell'est. E che, una volta terminata, con sfacciato ottimismo tra quattro o cinque anni, sarà già vecchia e inadeguata. Oltre a diventare un attrattore di traffico pesante in virtù del fatto che sarà gratuita, e quindi un'alternativa appetibile ai percorsi a pedaggio. Per non parlare del fatto che sarà comunque necessario realizzare complanari alla quattro corsie e svincoli adeguati, per evitare un suo intasamento.

Queste sono le conseguenze dell'incapacità di decidere e di assumersi responsabilità al momento opportuno. Portandone il fardello insopportabile per anni a seguire. Una parte del quale è l'odierna arretratezza economica di una provincia che ha il prodotto interno lordo pro capite e la produttività più bassi di tutta la Toscana. Proprio perché, quanto a competitività, non è attrattiva di investimenti produttivi qualificati che generano lavoro buono. Come lo sono per rimanere nei paraggi, Livorno, Pisa e Siena. Dove molto si sta muovendo rispetto a progettualità, investimenti e visione per i prossimi dieci anni.


Ciò significa da almeno vent’anni a questa parte, e per almeno altri cinque a venire, aver sacrificato lo sviluppo economico della Maremma ai desiderata di pochi privilegiati con ville a Capalbio, e a un nucleo di ambientalismo talebano ben radicato sul territorio. Aver accettato, cioè, l'idea fuori dal tempo che l'isolamento costituisse una forma alternativa di sviluppo coniugabile con la qualità della vita. Ma che nei fatti ha prodotto solo il decadimento demografico della popolazione, l'esodo silenzioso della quota di residenti in possesso di istruzione e qualifiche professionali più elevate. L'attrazione di un'immigrazione povera e dequalificata. La trasformazione del territorio in un grande parco ville di facoltosi benestanti; che si guadagnavano da vivere in altri luoghi per comprarsi gli agi garantiti dal buen retiro in queste lande.

Questo, in concreto, ci lascia come eredità contemporanea l'incapacità, non solo politica in senso stretto, ma culturale in senso lato, di prendere decisioni tempestive e avere ambizioni alte basate su una visione.


Stando così le cose, non rimane che prevedere le successive giaculatorie perché d'ora in poi come territorio perderemo anche le occasioni di sviluppo connesse al Pnrr. Con la corsa ad accaparrarsi le briciole, senza il colpo d’ala di un disegno coraggioso e originale. E così il cerchio sarà chiuso anche per i prossimi vent’anni.



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