❌⛔️⭕️ #tiromancino – Neofascismo: i 200mila di Roma e gli 82mila di Grosseto. I fili rossi che ci legano tutti


 






L'ultima volta che mi è capitato, è stato proprio sabato 9 ottobre 2021. Al telefono la mattina con un carissimo amico d'infanzia, moderato di centrodestra, col quale discutevo di politica. In particolare, della pericolosità dei neofascisti odierni che vengono a mio parere sottovalutati. Lui, invece, che è un liberale, cercava a sua volta di convincermi che si trattava solo di quattro deficienti privi di cervello, ma non pericolosi. Poi nel pomeriggio, a Roma, in occasione della manifestazione dei patologici No green-pass, un bel gruppo di neofascisti accompagnati da non pochi manifestanti No-vax hanno compiuto l'incursione squadrista nella sede della Cgil nazionale, sfasciando ogni cosa.

Ecco, io ho la certezza assoluta che nel caso si affermasse una forma odierna di fascismo, io e il mio amico ci ritroveremmo insieme alla macchia. Come 70 anni fa fecero i partigiani comunisti, quelli cattolici e quelli di matrice liberale. Tuttavia, la sua minimizzazione della pericolosità effettiva dei neofascisti contemporanei, è l'emblema perfetto dell'equivoco immobilismo di quasi tutta il centrodestra italiano rispetto a una situazione che rischia oggettivamente di degenerare. E rispetto alla quale non ci sono più spazi né per attendismi, né per riduzionismi che diventano connivenze «de facto» con personaggi che non sono semplicemente imbarazzanti. Ma l'archetipo del fascista moderno, violento e prevaricatore. Convinto di poter impunemente violare le norme della convivenza civile e democratica in nome dei propri convincimenti.

Che si tratti del neofascismo consapevole e politicizzato, oppure del neofascismo dei No-vax che scambiano il proprio disinteresse per il rischio di contagiare e uccidere un'altra persona con una manifestazione di libertà. Oppure, ancora, del neofascismo razzista che porta a sfruttare le persone nei campi, picchiandole e mantenendole in uno stato di semi schiavitù. O quello di chi considera le persone Lgbtq esseri inferiori, e per questo le fa oggetto di ghettizzazione e aggressione. Poco cambia nella sostanza.

 

Il neofascismo politico

D’altra parte, quello più pericoloso di tutti è in questo momento il neofascismo politico organizzato, che accedendo alle istituzioni di governo veicola messaggi violenti e antidemocratici. Quello rappresentato da personaggi biechi come il cosiddetto “barone nero” Roberto Jonghi Lavarini, finanziatore confesso di campagne elettorali per candidati di centrodestra. Quello di Forza Nuova coi suoi ducetti Roberto Fiore, Giuliano Castellino e Pamela Testa. Gli ex Nar (nuclei armati rivoluzionari) Salvatore Lubrano e Luigi Aronica. Il cripto neofascista Biagio Passaro, leaderino del movimento IoApro!. I milanesi della formazione neofascista “Lealtà e Azione”, che con un migliaio di militanti e simpatizzanti, grazie a un patto elettorale, sono riusciti a far eleggere all'interno del consiglio comunale meneghino i primi tre (su sei) consiglieri comunali della Lega di Salvini: l'eurodeputata Silvia Sardone, Samuele Piscina e Alessandro Verri. Portandogli in dote qualche migliaio di preferenze.

Peraltro, la punta dell’iceberg di una galassia di consiglieri comunali e regionali che in tutta Italia vengono eletti nelle liste di Fratelli d’Italia e Lega. Che non nascondono né le proprie simpatie né i propri rapporti con l’ultradestra neofascista. Come riportano ampiamente le cronache, con tanto di dichiarazioni da brivido.

Questo milieu politico organizzato, infatti, ha perfettamente capito che in un contesto generale di bassa partecipazione alle elezioni da parte dei cittadini, trova le condizioni ideali per rendere determinante il proprio peso ed eleggere rappresentanti nelle istituzioni. E il bello è che certi partiti, e certi candidati sindaco, ritengono la loro presenza in lista un compromesso accettabile pur di ottenere la vittoria alle elezioni. Aprendo di fatto le porte del governo a personaggi senza alcuno scrupolo. Che inevitabilmente finiranno per comportarsi da guastatori delle regole della convivenza civile e democratica.

 

Le riserve della Democrazia

I 200mila che a Roma hanno manifestato con Cgil, Cisl e Uil, da questo punto di vista, sono la classica riserva della Democrazia. Alla quale dovremmo essere tutti molto grati. Perché con la loro mobilitazione di sabato scorso, hanno ricordato a tutti quanti che è piuttosto breve il passo per arrivare a superare il limite. E che arginare e isolare ogni forma strisciante di neofascismo, è un dovere di tutti coloro che si riconoscono nelle regole della democrazia liberale. La quale, per inciso, non può tollerare vengano assaltate e devastate le sedi di un sindacato come la Cgil. Richiamando i fatti tetri del biennio rosso (1919-1920) che precedettero l’avvento di Mussolini.

Cosa che, peraltro, è subito diventata una scelta emulata da No vax e No green pass. Che non a caso, domenica mattina, a Milano, nel corso di una manifestazione non autorizzata hanno tentato di dirigersi verso la camera del lavoro cittadina. Di sicuro non con l'intento di andare a lucidare gli ottoni. Dimostrando nei fatti che il pericolo neofascista e vivo e vegeto.

 

Il momento giusto

Ammettiamo pure, in uno sforzo di comprensione, che sabato scorso i partiti del centro destra non potessero essere in piazza San Giovanni, perché dal loro punto di vista avrebbe significato ammettere una sconfitta politica. Anche se lo sforzo di mettersi nei loro panni è sinceramente erculeo. A fronte della gravità dei fatti avvenuti e del clima che c'è nel Paese.

Tuttavia, rimane il problema che finora quelle forze politiche non sono state in grado di trovare un'occasione utile per prendere le distanze in maniera chiara e netta dalla frequentazione di certi ambienti tossici. E che è evidente come non ci siano più alibi rispetto a un passo politico non più rinviabile.

Naturalmente, questo vale a maggior ragione per Fratelli d'Italia, con Giorgia Meloni incapace di emancipare sé stessa e il suo partito dalla tetra eredità politico culturale di cui in modo poco trasparente continuano a essere i custodi. E per la Lega di Matteo Salvini, che nell'ansia di diventare partito nazionale ha buttato dentro il peggio che si trovava nei bassifondi nella politica.

 

Grosseto non fa eccezione

Questo fenomeno generale d’infiltrazione neofascista nelle istituzioni ha avuto i suoi cascami anche a Grosseto. Alle elezioni del 2016 vinte dall'attuale sindaco Vivarelli Colonna, infatti, sono stati eletti quattro consiglieri comunali che facevano espresso riferimento ad ambienti neofascisti e di ultradestra. Che furono imbarcati senza troppe remore per ottenere la vittoria alle amministrative.

Cinque anni dopo, cioè a dire alle elezioni del 3 e 4 ottobre, come ha opportunamente sottolineato l'ex sindaco Alessandro antichi, la gran parte di certi personaggi «sono stati per fortuna spazzati via dagli elettori». O non si sono ripresentati. E tuttavia, il fatto che ci abbiano dovuto pensare gli elettori, e quindi non ci abbia pensato la politica con atto autonomo, costituisce la riprova che il problema continua ad esistere anche nella nostra realtà. Manifestandosi come quella zona grigia di connivenze e sottovalutazioni, che lascia accesa una miccia sempre in grado d’innescare un'esplosione alla prima occasione utile.

 

Verrà il momento

Tutto ciò considerato, c'è solo da augurarsi che la transizione politica nel fronte dell'antifascismo costituzionale, prima o poi, diventi una scelta consapevole di campo anche per le forze politiche del centrodestra. Come sembra aver finalmente compreso Forza Italia. Che da qualche tempo a questa parte, dà segnali interessanti attraverso alcuni suoi rappresentanti istituzionali. Fra gli altri Mara Carfagna ed Elio Vito. E persino, niente popò di meno, lo stesso Silvio Berlusconi. Che oramai alla fine del proprio tragitto, sembra aver compreso che questo potrebbe essere il suo vero lascito politico. In grado di oscurare positivamente la propria eredità culturale. Fatta di feste eleganti, condanne per evasione fiscale e forzature delle leggi per proteggere le proprie aziende.

Concludendo, sarebbe auspicabilissimo che il prossimo 25 Aprile, a Milano, a Roma, ma anche in piazza Dante a Grosseto, a festeggiare la liberazione ci siano anche i partiti del centro destra con i loro vessilli. E magari, pochi giorni più tardi, prendano parte anche alle celebrazioni della festa del 1° maggio. Noi democratici antifascisti li aspetteremmo a braccia aperte. Consapevoli che le differenze rimangono, ma che la costituzione antifascista a quel punto sarebbe un patrimonio condiviso. In fondo come in Francia. Dove la destra costituzionale e liberista non si sognerebbe mai di rimpiangere il generale Philippe Pétain, leader del regime collaborazionista di Vichy. 


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