#LaZetadiZorro – DDL Zan: la teoria del compromesso che sostituisce i contenuti, mortifica la Democrazia e sottrae i parlamentari al controllo degli elettori
L’esito della votazione sul disegno di legge Zan ha tanti risvolti. Il più esilarante dei quali – si fa per dire – è l’elogio della politica come arte del compromesso. O meglio, l’idea della sostituzione del compromesso come fine ultimo, autosufficiente, alla politica stessa. Un paradosso che va al di là dell’eterogenesi dei fini: il riuscire con obiettivi diversi da quelli che sono perseguiti. Qui il compromesso in quanto tale diventa sinonimo di virtuosismo. A prescindere dai suoi contenuti. Dal fatto che il compromesso sia onorevole o meno rispetto al punto di caduta.
In termini di comunicazione, di narrazione, è esattamente quel che è stato tentato di fare col Ddl Zan.
Ovvio che uno con la pessima reputazione di Renzi giochi su questo. Per offuscare la sua responsabilità politica di aver giocato a poker sulla pelle delle persone Lgbtq+, in cambio di una “fiche” dal centrodestra da giocarsi all’elezione del presidente della Repubblica.
Molto meno che ad abboccare come i lucci in curva siano stati giornalisti e opinionisti. Uno dei tanti: Enrico Mentana. I quali nulla più hanno saputo fare, che assecondare furbizie e cinismi della peggiore politica. Puntando l'indice sul mancato compromesso piuttosto che sull’imboscata, legittimata da una forzatura del regolamento parlamentare rispetto al voto segreto. Assecondando indegnamente la vulgata per la quale quelli bravi in politica fanno così. Cioè sostituiscono il trucco ai contenuti.
Ma si dà il caso che il Del Zan abbia il seguente titolo: «Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità». Ovverosia si tratta di una norma contro i cosiddetti «crimini d'odio» nei confronti di minoranze (cospicue), che prevede l’aggravante della motivazione per cui vengono perpetrati.
Non per niente Lega e Fratelli d'Italia hanno chiesto di votare la cosiddetta "tagliola" - ovverosia una procedura che impedisce di discutere la legge articolo per articolo, che se passa impone di votare la legge nel suo complesso: prendere o lasciare - per evitare accuratamente una discussione vera sui contenuti. Rispetto ai quali per troppi sarebbe stato imbarazzante argomentare in pubblico il proprio No.
Non per niente è stato chiesto fosse votata impropriamente a scrutinio segreto una scelta procedurale, che nulla aveva a che vedere con la tutela della libertà di coscienza dei parlamentari.
Il compromesso assurdamente elevato a contenuto, peraltro, sarebbe dovuto consistere nell'eliminazione dal testo della legge del concetto di «identità di genere» - sebbene già riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (1985) e della Cassazione (2015) – e delle azioni di sensibilizzazione al rispetto delle diversità all'interno delle scuole. Più che un compromesso, quindi, uno stravolgimento dei presupposti su cui la legge si basa. Che avrebbe sottratto alla tutela giuridica le persone transessuali, bisessuali e queer (irregolari) oggetto di violenza e persecuzione. Quindi una scelta inaccettabile e priva di qualunque motivazione politica sostenibile da parte di chi aveva presentato il disegno di legge.
Per non parlare della forzatura dei regolamenti parlamentari per imporre il voto segreto su una decisione procedurale, consentendo ai senatori di non far conoscere la propria decisione agli elettori. Un escamotage vergognoso. Assolutamente fuori misura nel caso di specie, poiché ci si doveva pronunciare su un testo di legge che riguarda i diritti civili di tutti. E rispetto al quale ogni cittadino elettore doveva essere messo in condizione di valutare il comportamento dei parlamentari. È chiaro, peraltro, che la segretezza del voto è stata utilizzata come cavallo di Troia per perseguire altri scopi rispetto al merito della legge (trattare sull'elezione del presidente della Repubblica), oltre che per deresponsabilizzare i senatori rispetto al loro ruolo.
L’ideologia del compromesso così concepita, in definitiva, è in questo senso quanto di peggio e di più inquinante delle regole della Democrazia si possa immaginare. Così come il fatto che questa votazione sia stata utilizzata come moneta di scambio politico in vista dell'elezione del presidente della Repubblica, costituisce un'indegna degenerazione dei meccanismi istituzionali. Un esito del tutto coerente con la storia politica di Matteo Renzi.
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