💦🚰💦🚰 #tiromancino – Bacini idrici strategici per la Maremma come autostrada, E78 e reti in fibra ottica
Bacini e laghetti di accumulo sono per la provincia di Grosseto infrastrutture paragonabili per rilevanza a Corridoio tirrenico, E78 strada dei Due mari e reti in fibra ottica.
Considerazione niente affatto eccessiva. Piuttosto, la presa d'atto dell'impatto della crisi climatica su questo territorio. Già da tempo in fase di transizione verso una fascia climatica più vicina a quella del sud Italia: ovverosia il fenomeno della tropicalizzazione del clima.
Cambiamenti climatici e rischio idrogeologico
Attenzione però, il cambio di contesto climatologico non significa necessariamente una diminuzione drastica della piovosità. Che in teoria potrebbe anche aumentare. Quanto una modifica strutturale delle modalità di precipitazione: per cui alla diminuzione del numero dei giorni di pioggia, corrispondono quantità maggiori di acqua piovuta. Quello che oramai ci stiamo abituando a vedere con l'intensificazione dei fenomeni meteorologici.
Per questo, è proprio quando piove che bisogna pensare agli effetti della siccità. Considerando che la Maremma ha una gran sete, e le piogge autunnali di questo novembre sono solo un palliativo. Perché la siccità che si è abbattuta su tutto il territorio da aprile a ottobre inoltrato, avrà un effetto deleterio sulle falde idriche a lungo termine. Con la ricarica dei serbatoi sotterranei dai quali attingiamo l'acqua per usi potabili, irrigui e industriali, che a seconda della permeabilità dei terreni avverrà come minimo nell'arco di un anno da quando si sono verificate le precipitazioni piovose.
La risorsa acqua per un’agricoltura produttiva
Considerata l'evoluzione in atto, inoltre, bisogna anche tenere conto della vocazione produttiva agricola dell'intera provincia di Grosseto. Che dalla fine degli anni 90 ha visto il boom di alcune culture, a partire da quella della vite, ma non solo. E che oggi si evolve nello sviluppo di colture intensive come oliveti, noccioleti, bambuseti e pomodoro da industria. Tutte coltivazioni che a seconda della fase di sviluppo e della tipologia, richiedono grandi quantità di acqua. Alla fine della scorsa estate, ad esempio, molti pozzi a servizio delle coltivazioni di pomodoro da industria, si sono completamente seccati.
D'altra parte, nei nostri campi sono sempre più frequenti sistemi di irrigazione assistita alle colture. Comprese quelle principali come vite e olio. Per le quali oramai sono diventati un ausilio indispensabile proprio per contrastare i periodi di siccità prolungata che ne mettono a rischio la produttività. La tropicalizzazione del clima, nel frattempo, sta spostando a nord alcune colture mediterranee. Per cui è sempre più facile trovare colture produttive di olivo in Camargue, Provenza, Croazia o Slovenia. Là dove, in precedenza, gli olivi erano prevalentemente utilizzati come piante ornamentali. Tutt'al più messi a reddito in particolari zone microclimatiche come quelle che si trovano sulle sponde del lago di Garda.
Fra l'altro, uno degli effetti più deleteri dei prolungati periodi siccitosi, è senza dubbio l'ingressione del cuneo salino nelle acque di falda. Con la salinizzazione dei corpi idrici e la conseguente sterilità dei terreni che diventano improduttivi. Una concatenazione di eventi e fenomeni che finiscono per essere il classico “serpente che si morde la coda”.
Invasi infrastrutture necessarie come strade e reti tecnologiche
Tenendo conto di queste premesse, in provincia di Grosseto è più che mai urgente realizzare bacini e invasi di accumulo idrico, per avere acqua potabile a disposizione nei periodi secchi. Che sono sempre più frequenti e più persistenti rispetto al passato. Le opere di accumulo idrico, peraltro, sono necessarie anche per trattenere a monte pericolose grandi quantità d'acqua, in occasione di forti precipitazioni piovose. Così da rilasciarle gradualmente e prevenire i catastrofici fenomeni di allagamento delle aree a valle delle zone montuose e collinari. Come si sono verificati negli anni scorsi nella zona di Braccagni, alle porte di Grosseto, in quelle di Manciano e nella piana di Albinia, nel Comune di Orbetello.
Per questo sia gli amministratori locali, che i rappresentanti istituzionali in Regione e al Governo, dovrebbero capire alla svelta che bacini e invasi idrico costituiscono infrastrutture determinanti al pari di autostrade e reti tecnologiche, in questo come in altri territori. Sia per conservare una buona qualità ambientale. Sia per sostenere un equilibrato sviluppo economico basato su agricoltura e trasformazione dei prodotti agricoli. Che non può fare a meno di un modello virtuoso di gestione della risorsa idrica, e di conseguenza del suo utilizzo più razionale possibile.
Irrigazione collettiva
L'agricoltura moderna, soprattutto - in parallelo a sistemi di gestione agronomica digitalizzati e utilizzabili da remoto – in provincia di Grosseto ha bisogno come il pane di una rete di “irrigazione collettiva” gestita unitariamente e alimentata da bacini e laghetti di accumulo idrico a monte delle colture prevalenti in pianura. Realizzati in collina e lungo i corsi d’acqua a regime torrentizio.
Da questo punto di vista, il Consorzio di bonifica 6 Toscana sud ha messo in campo un ambizioso piano d’investimenti per 42 milioni di euro, con progetti d’irrigazione collettiva che complessivamente riguardano 8.863 ettari di territorio. Dai piccoli invasi a opere di sbarramento su fiumi e torrenti per creare bacini di accumulo. Fino alle reti di distribuzione dell’acqua per usi irrigui. Interventi complementari al lavoro periodico di gestione del reticolo idraulico per prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico.
D’altra parte, oggi, l’irrigazione collettiva è purtroppo solo una nicchia, che nelle media ufficiale regionale riguarda appena il 9% dei consumi idrici irrigui per le coltivazioni. A fronte del 67% di emungimenti autonomi da pozzi o corpi idrici, e del 24% alla voce “altro”. Anche se per lo più le opere sono concentrate proprio in Maremma, con oltre la metà dell’acqua distribuita in Toscana attraverso le reti: dai 4,5 ai 5,8 milioni di metri cubi (a seconda dell’anno) su un totale di 9,3 milioni di metri cubi.
In Maremma fino a 20 milioni di mc
Una volta completati gl’investimenti - ma ci vorranno anni – il Consorzio di bonifica 6 Toscana sud arriverà a distribuire 20 milioni di metri cubi d’acqua per usi irrigui, con vantaggi notevoli per contrastare l’abbassamento delle falde e l’ingressione del cuneo salino. Entro la primavera 2022, intanto, dovrebbero partire tre grossi interventi. Si tratta della messa a norma del bacino di San Floriano (Capalbio) e di realizzare la rete di distribuzione, per 8,1 milioni di euro, che servirà 400 ettari coltivabili. Della realizzazione di un invaso nell’ex canale diversivo (Grosseto) e dell’ammodernamento dell’impianto irriguo di Cernaia, per complessivi 9 milioni, a servizio di circa 850 ettari. E infine dell’ammodernamento della “presa” dall’Ombrone ad Alberese per ottimizzare il prelievo e sistemare i canali di distribuzione, dotandoli di un sistema di dighe gonfiabili autoregolate, per 1,3 milioni, a servizio di 1.241 ettari coltivabili. Grazie all’irrigazione collettiva, infatti, sarà più semplice e produttivo coltivare olivi, viti, cereali, foraggere e pomodoro da industria, ma anche colture orticole e frutticole.
La svolta vera, tuttavia, si potrà avere solo con la realizzazione delle opere di sbarramento sui fiumi Gretano e Lanzo - entrambi nel comune di Roccastrada - con le relative opere di captazione e distribuzione dell'acqua. Ma sono opere che costano decine di milioni di euro, per le quali sono ancora di là da venire i finanziamenti.
L’occasione mancata del Pnrr
Un'opportunità avrebbe potuto venire dal Pnrr, ma le elefantiache procedure di autorizzazione che vedono l'intervento di quattro o cinque diversi enti per arrivare all'approvazione dei progetti esecutivi, impediranno di poter appaltare e realizzare le opere entro il 2026. Data che Bruxelles ritiene invalicabile.
Il problema vero, quindi, è come al solito in Italia quello della lentezza dei tempi della burocrazia. E finché non si metterà mano a una semplificazione dei procedimenti amministrativi - che oggi vedono come capofila due ministeri diversi come il Mit e il Mipaaf, a seconda delle infrastrutture da finanziare - non si uscirà mai dall'impasse che tiene ostaggio il nostro territorio rispetto a un'efficiente gestione della preziosa risorsa idrica.
Nell’attesa messianica di questa rivoluzione. C’è solo da augurarsi non avesse ragione l’ex vicepresidente della Banca Mondiale, Ismail Serageldin, che nel 1995 preconizzò: «Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secolo avranno come oggetto del contendere l’acqua».
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