💣💣💣 #tiromancino – 100 anni di Luciano Bianciardi, e un festival culturale che a Grosseto manca
Per favore non fate di Bianciardi un banale “santino”, ora che ci apprestiamo alle celebrazioni per i 100 anni dalla sua nascita. Non ci limitiamo come comunità a ricordare uno dei nostri più celebri concittadini, cavalcando retorici convegni divulgativi, o semplicemente dedicandogli una statua in una piazza di Grosseto. Per quanto resti difficile farsi una ragione del perché in questi anni non gli sia già stata eretta. Se non altro per costringere chi non ne conosca l'opera ad informarsi su chi fosse quell'uomo dallo sguardo torvo. Per nulla accondiscendente.
Sarebbe lui per primo ad incazzarsi come una biscia per una celebrazione dai toni encomiastici. O che lo riducesse allo stereotipo dell'autore tormentato,“maudit”. Che l'ha perseguitato per tutta la vita, e dopo la morte.
Luciano Bianciardi - nato a Grosseto il 14 dicembre 1922, morto a Milano il 14 novembre 1971 - merita molto più che una manciata di convegni per addetti ai lavori. Che qualche pubblicazione di circostanza motivata dalla ricorrenza. Che un deferente ossequio postumo alla sua persona. Al suo genio indiscusso.
Bianciardi meriterebbe qualcosa di meglio. Ovvero, lo meriterebbero la sua prolifica eredità culturale, l'irrequietezza con cui ha vissuto la propria vita. Che gli ha consentito di cogliere tante sfumature dell’Italia e dei sentimenti umani nella temperie del “miracolo italiano”. Con pagine di letteratura diventate oramai patrimonio culturale. Riconosciute come magistrali, e in molti casi popolari. Essoteriche. Che lo hanno consacrato, a lui che dissacrava per statuto, come autore postmoderno della grande letteratura italiana.
È un vecchio pallino del #tiromancino. Che riemerge periodicamente, oramai da cinque anni. Luciano Bianciardi si è meritato sul campo gli venga dedicato un festival culturale. E che questa eventualità non fosse estranea all'idea che la manifestazione nasca sin dall'inizio con l'obiettivo di sviluppare una filiera economica basata sulla cultura. Ché ne sarebbe contento l'autore, il traduttore, il giornalista e l'uomo. Il quale ha combattuto con fierezza per dare alla propria passione di scrittore la dignità di lavoro, che gli consentisse di mantenersi e di provvedere alla sua famiglia. Avendo sempre la consapevolezza e l'assillo di doversi guadagnare da vivere, attraverso la scrittura. Perché quello era il suo mestiere.
D'altra parte, non è certo una novità che i festival culturali siano anche un grande marchingegno economico del quale beneficiano per prime le comunità che li ospitano. Ne danno buona testimonianza i successi clamorosi, in alcuni casi ultraventennali, di manifestazioni come il Festival della letteratura di Mantova, quello della filosofia di Modena, dell'economia di Trento o dei due mondi a Spoleto. Solo pochi esempi di un fenomeno oramai vasto e diffuso, al quale però la città di Grosseto è rimasta impermeabile. Con una cospicua pubblicistica che ne analizza successi e formule di svolgimento.
Il 2022, anno bianciardiano, avrebbe senso compiuto nella misura in cui riuscisse a
cogliere questo risultato. Con una città mobilitata nelle sue migliori energie culturali e istituzionali per dare finalmente vita a un festival dai connotati originali. Che muovendo dal lascito culturale insito nell'opera di Bianciardi, sapesse col tempo inserirsi nel variegato e prestigioso panorama dei festival culturali della Toscana. Non a caso regione di punta nel Paese per questo tipo di manifestazioni.Certo, una “kermesse” culturale ispirata ad un singolo autore, è senza dubbio più complicata da mettere in campo rispetto ai festival “generalisti”. Che traggono linfa da filosofia, letteratura, danza, cinema, economia, e in generale si riferiscono a settori ampi della produzione culturale. Per cui proprio qui sta la sfida più appassionante. D'altra parte, però, la versatilità e profondità dell'ispirazione dell'opera di Bianciardi - che si muoveva a suo agio dalla traduzione alla produzione letteraria vera e propria, passando per l’analisi sociologica e il giornalismo - dovrebbe facilitare il compito a chi si cimentasse nell'opera.
Giocando con le parole, e i concetti che le presuppongono, potrebbe essere un “Kansas City Festival”, piuttosto che “Festival del Gabellino”, “Quattro strade Festival”, “Festival delle frontiere” o “Aprire il fuoco Festival”….. A rappresentare le frontiere dell'innovazione nei diversi ambiti della produzione culturale. Raccogliendo la suggestione della perlustrazione dei territori incogniti, delle relazioni non immediatamente visibili, che permea l'opera dell'autore. Ma, allo stesso tempo, potrebbe essere anche tutt'altro.
Perché si sprigioni la scintilla in grado d’innescare la pira della creatività necessaria alla nuova creatura, è necessario si sblocchi l'impasse che da troppi anni costringe l'eredità di Luciano Bianciardi in ambiti circoscritti, non popolari. In un immobilismo che ne inibisce la diffusione, mortificando il potenziale fecondo di idee che potrebbe generare.
Bisogna, quindi, che istituzioni, coloro che di Bianciardi si occupano sul piano accademico e divulgativo, mecenati e la stessa Fondazione Bilanciardi facciano un passo avanti. Superando le logiche che governano il territorio arido dei diritti d'autore. Avanzamento senza il quale sarà necessario attendere il 2041 per liberare finalmente l'opera dell'autore grossetano. Quando saranno trascorsi i settant’anni dalla morte.
A questo proposito, una grande responsabilità in termini culturali ricade sulle spalle dei figli, Luciana ed Ettore Bianciardi, oggi eredi unici del suo lascito materiale e culturale. E pertanto attori insostituibili e necessari rispetto alla volontà di dare gambe al progetto di un festival culturale ispirato a Luciano.
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