⛓⛓⛓ #tiromancino – Esplode il problema della mancanza di lavoratori. Ma non basterà sostituirli con gl’immigrati
La bancarotta culturale del sovranismo non è stata dichiarata solo nelle aule parlamentari. Proprio in queste settimane, c'è un altro fenomeno che ratifica il definitivo collasso di un certo modo di vedere le cose del mondo: quasi tutte le rappresentanze d'impresa stanno invocando l'aiuto dei lavoratori stranieri. Extracomunitari o meno. Immigrati clandestini o immigrati regolari. Perché non riescono ad assumere gli addetti di cui avrebbero bisogno per stare dietro alla ripresa.
Naturalmente succede anche a Grosseto. Anzi, a maggior ragione, considerato che la gran parte del nostro sistema produttivo, con le dovute eccezioni, continua ad arrancare in conseguenza della sua debolezza strutturale. Caratterizzata da bassa produttività, livelli salariali sotto la media, specializzazioni produttive a basso valore aggiunto e debolezza della domanda interna. Motivo per cui ha bisogno di assorbire lavoratori con basse competenze.
Arriva la tempesta
Qui in Maremma, entro pochissimo, tornerà a esplodere il problema della mancanza di manodopera, peraltro a bassa qualifica professionale, nel comparto dei servizi turistici. E lo farà in modo molto più virulento di quel che successe lo scorso anno. Già da qualche tempo, inoltre, come ha più volte messo in evidenza il presidente provinciale dell'Associazione nazionale costruttori edili (Ance) - Rossano Massai - il comparto delle costruzioni sta pagando a caro prezzo la carenza di figure professionali adeguate a sostenere la ripresa della domanda trainata dai bonus edilizi e di riqualificazione energetica. Mentre il settore agricolo sconta una cronica difficoltà a trovare addetti stagionali in vista delle lavorazioni e dei raccolti primaverili, e poi estivi.
Ma attenzione, il tema del reclutamento dei lavoratori non riguarda solo i comparti produttivi a minor valore aggiunto, nei quali è impiegata manodopera a bassa specializzazione. Perché, oramai, l'emergenza si estende anche alle aziende che cercano figure professionali con competenze più elevate: dalla meccanica ai servizi alle imprese, dal sociosanitario all’agroalimentare, fino alla logistica. Solo per rimanere in provincia di Grosseto.
Era tutto previsto
Nella primavera scorsa, l’Istituto Carlo Cattaneo – think tank bolognese che da settant’anni effettua analisi economiche e sociali - lo aveva detto in modo chiaro: già oggi mancano alcuni tipi di lavoratori rispetto alla domanda. Ma nel 2036 – entro soli 14 anni – la situazione sarà drammatica. Nei comparti produttivi despecializzati, ci sarà un nuovo ingresso ogni sei lavoratori che andranno in pensione. E anche per quanto riguarda diplomati e laureati le prospettive non sono rose, dal momento che ogni 100 lavoratori pensionati, ne saranno rimpiazzati solo 83. Prospettiva, spiega il Cattaneo, che è possibile prevenire e contrastare solo ricorrendo ad un incremento della popolazione immigrata.
Il caso Maremma
In provincia di Grosseto le cause di questa situazione sono tante. Si va dagli effetti a cascata della crisi demografica in uno dei territori più vecchi d'Italia, con la contrazione delle coorti di lavoratori giovani, alla demagogia inconcludente della politica e di chi amministra. Dalla pessima programmazione, come nel caso della formazione dei medici, fino al problema delle bassissime retribuzioni che tengono lontani i potenziali lavoratori da alcuni comparti produttivi. Ad esempio nel turismo, nell'agricoltura e nell’assistenza alla persona. Nella nostra realtà, per parlare di un caso concreto, con l'assorbimento di infermieri, operatori sociosanitari (Oss) e addetti all’assistenza di base (Adb) da parte del sistema pubblico messo sotto stress dalla pandemia, le cooperative che gestiscono i servizi alla persona per conto di Società della salute, Azienda sanitaria o Comuni, non riescono a trovare personale sostitutivo.
Lo stesso mercato semiclandestino e deregolamentato delle “badanti” (termine orribile), è entrato in crisi per mancanza di lavoratrici e lavoratori, con le famiglie abbandonate a sé stesse rispetto al problema della presa in carico di persone disabili e anziane non autosufficienti. Mentre le aziende di trasporto pubblico e quelle della logistica, per dirne un’altra, non riescono a trovare autisti in possesso dei requisiti necessari per sostituire quelli andati in pensione. Al punto che un consorzio di autotrasportatori importante come il Cacif di Follonica, ha deciso di pagare la formazione a chi sia interessato a svolgere questo tipo di attività. E così via,.. di esempi se ne potrebbero fare molti altri.
Retromarcia omissiva
La situazione è talmente compromessa, che alla fine è stata messa la sordina agli slogan contro l'immigrazione, e anche i sovranisti “all’Amatriciana” che stanno al governo hanno dovuto prendere atto che non c'era molto altro da fare, se non approvare un bel decreto di riapertura dei flussi d’immigrazione. Nella speranza di tappare in qualche modo la falla, e tacitare le associazioni di impresa che da mesi facevano pressione perché si consentisse la riapertura delle frontiere ai lavoratori stranieri. È così che, a fine 2021, il governo Draghi ha dato il via libera a un decreto che consente l'ingresso in Italia a 80.000 lavoratori, ovverosia migranti economici. Anche se, parallelamente, a mezza voce, già si parla di un decreto gemello in arrivo nei primi mesi di quest'anno. Perché la domanda di “nuove braccia” supera di gran lungo l'offerta.
In particolare, entreranno in Italia lavoratori stagionali provenienti dai paesi con cui a suo tempo sono stati stretti accordi bilaterali di cooperazione in materia migratoria. Ma arriveranno anche da Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Costa D’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Ghana, Guatemala, India, Kosovo, Mali, Marocco, Moldova, Montenegro, Niger, Repubblica di Corea, Senegal, Serbia, Tunisia e via dicendo.
Ad essere ammessi per motivi di lavoro subordinato non stagionale saranno stranieri destinati a lavorare nei comparti autotrasporto merci per conto terzi, edilizia, turistico-alberghiero, agroalimentare e manifatturiero. Una quota sarà riservata a lavoratori che hanno partecipato a corsi di formazione professionale e di istruzione nei propri paesi di origine. «Dobbiamo rafforzare i canali legali di migrazione, perché rappresentano una risorsa, non una minaccia per la nostra società», ha affermato nell’occasione il presidente del consiglio Draghi. Sotterrando un decennio di slogan sovranisti di stampo razzista, e prendendo atto della realtà.
L’errore a monte
In tutto questo, ad ogni modo, si continua a perpetrare il madornale errore strategico di muoversi all'ultimo minuto per mettere toppe a una situazione oramai cronicizzata, che richiederebbe invece lungimiranza e politiche attive di formazione. Ma soprattutto si continua sciaguratamente a pensare che il problema della carenza di lavoratori, si possa risolvere apoditticamente abbassando le tutele nel mondo del lavoro. Sfruttando le basse retribuzioni per incrementare i ricavi, e quindi gli utili aziendali. Perché il retropensiero di molti che ora spingono per riaprire i cancelli all'immigrazione, è quello di continuare a battere la strada che in tutti questi anni ha arricchito pochi, ma in compenso ha penalizzato molti, facendo arretrare l’Italia in termini di modernizzazione del sistema produttivo, competitività ed efficacia.
Ovverosia la ricetta neoliberista al ribasso che dalla fine degli anni ’90 ha reso povere legioni di lavoratori appartenenti al ceto medio. Oggi, infatti, Con uno stipendio medio di 1200-1300 euro al mese, la gran parte dei lavoratori dipendenti si trova nella scomoda posizione di essere lavoratori poveri. E pensare di sostituirli semplicemente con lavoratori provenienti dal terzo mondo, equivale a ritardare la soluzione del problema preparando il terreno a una decomposizione sociale che porterà solo tragedie e violenza.
Un altro mondo è possibile?
Sarebbe invece il caso di cogliere l'opportunità per risolvere una volta per tutte i due problemi insieme: quello della giustizia sociale ed economica, e quello dell'emancipazione delle persone che emigrano per migliorare la propria condizione. Delle quali in questa fase storica abbiamo un bisogno disperato, oltretutto. Confinando per sempre nel dimenticatoio la follia dell'ideologia sovranista, funzionale alla conservazione dello status quo. Spezzando le catene del moderno sfruttamento del lavoro e provando a ricostituire nel mondo reale le condizioni per un “capitalismo dal volto umano”. Ché quello in cui viviamo fa veramente schifo.
Come diceva l'orologiaio Mendel nel romanzo di Primo Levi, riprendendo l’aforisma del rabbino Hillel contenuto nel Talmud: se non ora, quando?
Mah.
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