🎦🎦🎦 #tiromancino - Telecamere con svista: i vandalismi crescono nonostante il controllo elettronico














Più aumentano le telecamere in città, più aumentano gli episodi di vandalismo ad opera di ragazzetti, ragazzotti e giovani adulti. Soprattutto là dove il controllo elettronico è diffuso, come nel centro storico di Grosseto. Nel quale non si contano più devastazioni, aggressioni e fenomeni di malcostume e violazione delle regole di convivenza civile. Come del resto nel centro di Follonica la scorsa estate.

Un paradosso tanto evidente quanto ignorato nel dibattito pubblico, che ristagna nella sterile contrapposizione fra i cultori della retorica del pugno di ferro e i fautori di una non meglio precisata strategia per rivitalizzare le zone ostaggio dei vandali. Ognuno impegnato nell’esercizio dello scontato e dell’ininfluente sulla realtà. Un po’ quello che da decenni succede su argomenti allo stesso modo divisivi come l’utilizzo delle droghe, leggere e pesanti, l’educazione sessuale nelle scuole, o sul diritto all’eutanasia. Tutti preoccupati di reiterare le proprie parole d’ordine, nessuno in grado di trovare una soluzione anche solo parzialmente efficace.

Intanto, magari, sarebbe opportuno prendere atto del fatto che le telecamere come soluzione finale hanno fallito. Sia in termini repressivi che in chiave preventiva. Perché chi si diverte a sfasciare vasi, panchine, vetrine e lunotti delle auto, oppure a urinare su saracinesche e portoni, piuttosto che a urlare o cimentarsi in risse, sa bene che il cappuccio di una felpa gli può garantire l'anonimato. Oppure che la bravata di una notte non comporterà né arresto, né la detenzione, dal momento che il nostro sistema carcerario non può sopportare un ingolfamento per reati tutto sommato di non grave pericolosità sociale rispetto ad altri molto più impattanti.

 

L’allarme della magistratura

Che il problema sia oramai diffuso ovunque, lo ha detto il procuratore generale di Firenze, inaugurando l’anno giudiziario. «Il procuratore per i minorenni ha segnalato fenomeni di devianza minorile che trovano prevalente contesto di realizzazione in ambito scolastico, assumendo le forme di bullismo e cyber-bullismo, e il preoccupante emergere di baby gang, aggregazioni giovanili dedite alla commissione sistematica di reati con l’obiettivo primario della contrapposizione violenta con altri gruppi e della egemonizzazione di un determinato territorio, anche tramite la prevaricazione di coetanei con metodi violenti e con variegate manifestazioni, predatorie, persecutorie, lesive, un quadro aggravato da consumo di droghe e abuso di sostanze alcoliche».

Ma il passaggio più interessante del procuratore generale è stato un altro. «La criminalità minorile – ha aggiunto – è un fenomeno complesso, che non può essere affrontato mediante il mero intervento penale, ma richiede, invece, un orizzonte strategico più ampio, con il ricorso a una serie di interventi sul piano delle politiche sociali, attraverso informazione ed educazione, partendo dalle famiglie e dalla scuola, agendo unitamente e facendo sistema».

 

Cambiare paradigma

Prendere atto del fatto che le telecamere sono ininfluenti rispetto a questo tipo di
problema - tutt'al più uno strumento complementare di prova, quando le cose vanno bene - dovrebbe intanto spingere a rinunciare a spendere milioni di euro per realizzare una rete di controllo sociale che poco sanziona comportamenti socialmente esecrabili, ma può costituire una minaccia reale alla libertà e alla riservatezza delle persone perbene.

Quel che succede regolarmente a Grosseto, come in decine di altre città d'Italia, con la proliferazione delle telecamere, diverse centinaia, è la dimostrazione più lampante dell'inutilità dell'approccio repressivo basato sulla vigilanza elettronica. Per quanto continuino a essere un pretesto identitario: a destra, perché incarnano l'illusorio slogan “legge e ordine”; a sinistra, perché sono l'alibi perfetto per non avere la responsabilità di trovare soluzioni alternative.

Bisognerebbe quindi essere laici. Cosa più facile a dirsi che a farsi, ovviamente. Perché la laicità comporta anche l'accettazione del fatto che una quota di problemi non può essere risolta e rimarrà sempre sul campo. Senza che questo costituisca una giustificazione per non affrontare e provare a risolvere le questioni oggetto del contendere. Dal momento che è del tutto evidente quanto non sia accettabile arrendersi all'idea che il centro storico, così come altre zone della città, diventino terra di nessuno da evitare.


È un po’ la stessa storia dell’ipocrisia che, sdegnando la logica della riduzione del danno, impedisce di approntare le cosiddette “stanze del buco” per garantire ai tossicodipendenti irriducibili la possibilità si drogarsi in condizioni minime di sicurezza, risparmiando rischi evitabili a loro stessi e agli altri. Una forma mefitica di bigottismo culturale che si ammanta di giustificazioni moralisteggianti.

Prevenire e contrastare fenomeni di vandalismo, risse per futili motivi, ubriacature collettive, aggressioni sessiste e ogni altra manifestazione di degrado sociale che minacciano la convivenza civile, allora, significa prima di tutto riconoscere che certi comportamenti sono la manifestazione esteriore di un disagio più o meno profondo delle persone che se ne fanno interpreti. E che tutto questo non ha nulla a che vedere né con il presunto buonismo, né con la condiscendenza rispetto a certe condotte.

 

Sporcarsi le mani

Un prete abituato a confrontarsi col lato oscuro dell'umanità come don Enzo Capitani, responsabile della Caritas grossetana, ha recentemente spiegato che una strada da percorrere è quella degli “operatori di strada”. Ovverosia, persone formate nel monitoraggio e nella prevenzione dei fenomeni di degrado e devianza sociale. Dotate di competenze specifiche nel riconoscere l’insorgenza di tensioni e nel gestire conflitti e condizioni di marginalità. Persone che sono sul campo prevalentemente la notte, e che stanno a contatto diretto con il mondo di mezzo della devianza e della marginalità. Il cui lavoro forse – anche se non è detto - costerebbe alla collettività qualcosa in più di un mazzo di telecamere, ma di sicuro garantirebbe risultati più efficaci. Qualcosa di molto più complesso di quelle che in alcuni casi vengono definite “sentinelle della legalità”, con un altro slogan semplificatorio per quanto ininfluente nel mondo reale.

Sempre don Enzo, ha messo in relazione la proliferazione dei comportamenti antisociali da parte dei giovani con la cosiddetta “povertà educativa”. A sua volta un concetto molto articolato che va ben al di là dei deficit di formazione scolastica, ma coinvolge il ruolo educativo delle famiglie, l'educazione sentimentale delle persone e la capacità di orientare i loro comportamenti in termini valoriali da parte delle istituzioni pubbliche, delle agenzie educative e dei grandi attori sociali.

Se a monte dell'apertura di nuove attività culturali e di intrattenimento dei centri storici non ci sarà questo tipo di svolta attitudinale, pedagogica e culturale, tutt'al più si potrà arrivare a dei distretti del “divertimento” all'interno dei quali gli stessi fenomeni di disagio sociale troveranno una codifica comportamentale appena più accettabile formalmente. Ma rimanendo sostanzialmente inalterati. Anche in questo caso giova un esempio concreto: forse che i senza fissa dimora (barboni, nella vulgata comune) sono spariti dalla circolazione nel momento in cui sono state tolte le panchine? Oppure si sono spostati di qualche isolato, sostituendo altre forme di accomodamento alle panchine?

Naturalmente, c'è chi sostiene che questa sia tutta fuffa. E che nel caso in cui ci fossero più telecamere, più forze dell'ordine sulle strade e sanzioni più dure e certe, sarebbe tutto risolto alla radice. Tuttavia, al di là del fatto che non ci sono oggettivamente le condizioni perché simili cambiamenti si verifichino in tempi ragionevoli, rimane tutto da dimostrare che basterebbe avere uno Stato armato di un potere coercitivo più efficiente per convincere le persone a non avere comportamenti autodistruttivi o lesivi dei diritti degli altri.

Anche per questo, con laicità e pragmatismo, e rinunciando a moralismi auto gratificanti quanto inefficaci, sarebbe il caso di cominciare a testare sul campo nuovi approcci preventivi nei confronti di vandalismi, aggressioni e forme di malcostume varie. Invece d’insistere con ottusità, e notevole dispendio di risorse pubbliche, in politiche repressive che al massimo spostano il problema qualche decina di metri più in là. Proprio come stanno dimostrando di fare le telecamere a Grosseto. Alla stregua di molte altre parti d'Italia.



 

 

Commenti

Post più popolari