🍈🍇🥬 #tiromancino – I campioni maremmani dell’agroalimentare 4.0
Come dicono quelli bravi, l'agricoltura è un «asset strategico» per lo sviluppo del Paese. Se questo è vero, come è vero, la provincia di Grosseto è un contenitore di pratiche imprenditoriali virtuose alle quali guardare per immergersi in quel che ci riserva il futuro.
Capire come sta evolvendo un settore o un comparto produttivo è un esercizio di analisi affascinante. Che non può prescindere dal prendere in considerazione le concrete esperienze aziendali, e in particolare la visione di cui sono portatori i loro leader. Qui nella Maremma grossetana ne abbiamo diversi. In questo caso, per motivi di brevità, ne tiriamo in ballo solo due: Massimo Neri, presidente di Ol.Ma. – Collegio toscano degli olivicoltori, e Federico Vecchioni, amministratore delegato di Bonifiche Ferraresi Spa. Uomini diversi per storia personale e cultura imprenditoriale, le cui aziende, però, sono arrivate praticamente allo stesso approccio strategico e operativo per diventare leader di mercato. Pur essendo espressione di mondi molto differenti fra loro, apparentemente alternativi addirittura.
Gruppo BF Spa
Partendo dal secondo. Federico Vecchioni è il classico turbo capitalista. Con una formazione accademica solida alle spalle, esperienze di vertice nell'associazionismo d’impresa e frequentazioni di alto livello nel mondo del capitalismo agrario nazionale. «La sostenibilità ambientale non riguarda l'ambientalismo, ma i destini del capitalismo», dice chiarendo il suo punto di vista.
Quando ha preso in mano Bonifiche Ferraresi - la più grande azienda agricola italiana per superficie agricola utilizzabile – si era dato l'obiettivo di realizzare un vero e proprio hub di riferimento per l’agroalimentare italiano. In cinque anni con il gruppo quotato in borsa BF Spa (bonifiche ferraresi società per azioni) - che controlla una decina di società partecipate – ci è riuscito appieno. Oggi, infatti, la capogruppo ha un fatturato aggregato che supera i 300 milioni, con 700 milioni di euro di capitalizzazione di borsa.
Ma il dato economico non rende giustizia al progetto imprenditoriale. BF Spa, infatti, ha un modello di business originale. Partendo dalla proprietà terriera tradizionale – oggi 11.500 ettari in Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna - il gruppo si è dato l'obiettivo di costituire società di scopo per gestire ogni singolo anello della catena che compone la filiera agroalimentare e agroindustriale. Controllando i vari passaggi «dal germoplasma (patrimonio genetico di una specie coltivabile) allo scaffale del supermercato». In Maremma, a Massa Marittima, Bonifiche Ferraresi gestisce circa 1.300 ettari, nelle aziende Filetto (in concessione dall'Unione dei Comuni delle Colline Metallifere) e Il Cicalino, l'azienda di famiglia che Vecchioni ha conferito nel capitale della società che amministra.
Il Gruppo BF Spa, per capirsi, non solo si occupa delle colture – cereali, olivicoltura, pomodoro da industria, legumi, erbe officinali, ortofrutta… - ma anche della sensoristica in campo e di droni a servizio dell'agricoltura di precisione, di meccanizzazione agricola, di selezione genetica delle sementi, di logistica agroalimentare, di trasformazione agroindustriale, di assistenza tecnica e agronomica. Insomma, non c'è comparto dell'agroalimentare o dell'agroindustria che non sia presidiato. La formula attraverso la quale questo avviene è semplice: grazie all'apporto di capitali rastrellati in borsa, il gruppo ha stretto joint venture strategiche con i leader di mercato italiani in ogni singolo comparto, per sviluppare know how specifico da utilizzare nei propri cicli produttivi o da mettere a disposizione di clienti terzi. Il Gruppo BF Spa registra performance di crescita continua nel fatturato aggregato, e presto sarà proprietario di 14mila ettari, grazie all'acquisizione di nuovi terreni in Piemonte.
Olma e Certified Origins Italia
Massimo Neri, a sua volta, è invece uno venuto dal basso. Ex dipendente dell'Amministrazione provinciale si è formato nel mondo della cooperazione agricola e nell'associazionismo d'impresa, con una lunghissima militanza nella Coldiretti. Neri è la personificazione del celebre detto popolare “contadino, scarpe grosse e cervello fino”.
Orgogliosamente legato alla tradizione dei piccoli imprenditori agricoli figli della riforma agraria degli anni Cinquanta, è un'autorità indiscussa nel campo dell'olivicoltura tradizionale e specializzata. Deus ex machina, naturalmente insieme ad altri ma in posizione di leadership, dell'oleificio Olma – produce oltre il 40 per cento dell’olio Evo certificato Igp Toscano – azienda a sua volta proprietaria al 33 per cento di Certified Origins Italia Spa, gigante dell'imbottigliamento e della commercializzazione (prevalentemente all’estero) dell'olio extra vergine d'oliva italiano che fattura 130 milioni di euro. Aziende, entrambe, con sede nell'area produttiva del Madonnino, a cavallo tra i comuni di Grosseto e Roccastrada.
Da buon contadino Neri sostiene che «l'olio bono, è quello che si vende», per poi aggiungere, da esperto produttore, che «l'olio bono, si fa con la tecnologia». Per capire cosa intende basta farsi un giro nel modernissimo impianto dell'Olma, che assomiglia molto più a una fabbrica ad alta tecnologia che a un frantoio tradizionale. Coi suoi silos in acciaio e il suo impianto automatizzato l'imbottigliamento da due milioni di euro. Il segreto di Olma e di Certified Origins Italia è stato quello di industrializzare il processo di produzione e commercializzazione dell'olio Evo made in Tuscany e Italy. Garantendo la sopravvivenza ai 1.300 piccoli soci di Olma, l’80 per cento dei quali coltiva meno di mezzo ettaro di olivi con tecniche tradizionali e specializzate.
Per raggiungere il risultato, le due aziende controllano ogni anello della filiera olivicola: dall'assistenza agronomica ai piccoli coltivatori, alla produzione e imbottigliamento dell'olio, passando per packaging, marketing, gestione delle certificazioni di qualità che aprono i mercati esteri e per la commercializzazione del prodotto. Olma, fra l'altro, gestisce anche lo stoccaggio e il confezionamento dell’olio per conto di 80 medi produttori di olio Evo, risolvendo loro il problema logistico.
Cosa c'è da imparare
Bonifiche Ferraresi, Olma e Certified Origins Italia sono diventati leader nei loro segmenti di mercato stanzialmente perché hanno compreso in anticipo quanto fosse determinante unire le forze e industrializzare i processi produttivi e commerciali. Il cambio di passo è avvenuto quindi con il controllo “in house” delle diverse fasi delle filiere di riferimento, perché questo garantisce la possibilità di creare valore aggiunto ad ogni passaggio, facendolo rimanere per la gran parte nelle proprie mani. Remunerando i soci, e in primo luogo gli agricoltori che si occupano delle colture in campo. Tradizionalmente l'anello più debole della catena, a dispetto del fatto di essere i veri artefici del successo dell'agroalimentare italiano.
Una delle lezioni che si trae da queste esperienze imprenditoriali virtuose, è che piccolo non è bello. Perché solo dimensioni d’impresa significative – in forma capitalistica o cooperativa - consentono di sostenere grossi investimenti e di acquisire competenze adeguate ad essere competitivi nel mercato dell'agroalimentare 4.0.
Da questo punto di vista, la specializzazione industriale dell'agricoltura è un passo ineludibile per chi in futuro voglia svolgere un ruolo di leadership. Ed è auspicabile che presto si aggiunga un ultimo anello alla catena, con l'acquisizione di partecipazioni nelle aziende della grande distribuzione organizzata. Per garantirsi un'altra fetta di valore aggiunto dal quale fino ad oggi il mondo della produzione agroalimentare è rimasto escluso.
Passaggio necessario anche per raggiungere un ulteriore obiettivo: quello di rendere accessibili i prodotti agroalimentari di qualità a livello dei consumi di massa, democratizzando l'accesso al cibo buono anche a chi non ha redditi medio-alti.
Quello che succede nella Maremma grossetana, in definitiva, può essere di ispirazione per l'agricoltura del futuro. Olma, Certified Italia e Bonifiche Ferraresi non sono infatti le uniche realtà che hanno certe caratteristiche, e le carte in regola per giocare un ruolo da protagoniste.
Ragionamento lineare e lucido che tiene presenti le varie sfaccettature della realtà locale. Sarebbe una ottima guida ed ispirazione per tanti.
RispondiElimina