⚙️🔩💻 #tiromancino – Area Punto Zero: la riscossa del manifatturiero a Grosseto…salvo che




Magari a questo giro ci emancipiamo dal solito “tritello” culturale che si limita a esaltare il localismo in salsa maremmana, annegato nei luoghi comuni e nell'autocelebrazione di un illusorio modello di sviluppo economico.

Grosseto ancora non lo sa, ma, se chi manovra le leve del governo riuscirà ad alzare lo sguardo oltre il recinto in cui ci siamo chiusi oramai da anni, come comunità potremmo avere un'occasione di riscatto socioeconomico. Inserendoci in un flusso nazionale di idee che sta rivalutando il ruolo del settore manifatturiero contestualizzato nel tessuto urbano delle città.

L'ho capito leggendo un articolo suggeritomi da un professionista grossetano, mettendo in relazione il suo contenuto con il progetto “Area Punto Zero”. Il visionario intervento di riqualificazione dell'area produttiva di via Genova a Grosseto, che un gruppo di sei imprese del settore industriale lì insediate ha messo a punto per dare una prospettiva di sviluppo di qualità basata sulle produzioni manifatturiere.

 

Una lettura che apre gli occhi

L’articolo in questione s’intitola “I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane”, e si riferisce ai contenuti del libro “Città prossime. Dal quartiere al mondo: Milano e le metropoli globali”(Milano: Guerrini e Associati. Ed. 2021).

«Il tema del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane era oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali, ancora prima che la pandemia e la guerra in Ucraina contribuissero a ridisegnare la geografia delle filiere produttive globali». È l'incipit dell'autrice, Cristina Tajani. Dal 2011 al 2021 assessora alle politiche del lavoro e sviluppo economico del Comune di Milano nelle giunte di Giuliano Pisapia e Beppe Sala. Attualmente docente di urban policies al Politecnico di Milano e consigliera esperta del ministro del lavoro.

Illuminante la tesi sostenuta: «il rilancio della vocazione manifatturiera urbana ha implicazioni rilevanti non solo in termini economici, ma anche sociali». Perché «il ritorno (e il rilancio) di attività manifatturiere consente di offrire opportunità di crescita professionale a un’ampia platea di profili che rientra in quella che a lungo abbiamo chiamato classe media». [ ]…«In altre parole, la manifattura avanzata è generatrice di quelli che gli anglosassoni definirebbero good jobs».

L’obiettivo, quindi, è rendere «le città ecosistemi abilitanti per la nascita, l’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato». [ ]…«In diversi contesti urbani. Allo scopo di contribuire a generare lavoro buono per il ceto medio, correlato a quello – non secondario – di favorire processi di rigenerazione».

La manifattura, secondo l’autrice, ha anche altri vantaggi. «Questo tipo di lavoratori hanno in comune una comprensione complessiva del processo produttivo cui si applicano e, soprattutto, vedono una convergenza tra il momento creativo, progettuale, intellettuale della propria attività e quello manuale».

Nel momento in cui ragioniamo di manifattura urbana, inoltre, «chiamiamo in causa il rapporto tra aree urbane e territori produttivi che è stato al centro dello sviluppo industriale del paese, anche nella sua forma di distretto, tipicamente nelle regioni del nord est e del centro Italia». Questo approccio può quindi «contribuire a ridisegnare in termini maggiormente coesivi il rapporto tra aree urbane, città medie e aree interne che, per usare un’espressione di Bagnasco, è andato “fuori squadra” negli ultimi decenni».

 

Area Punto Zero a Grosseto

Di fatto sembra di leggere il manifesto programmatico che sta alla base di “Area Punto Zero”. Piano di riqualificazione di un pezzo di periferia grossetana dove negli anni si sono quasi casualmente trovate ad operare insieme alcune delle migliori (e purtroppo poche) realtà manifatturiere/industriali della città.

Un’idea che prende le mosse dall’intuizione di Roberto Bardini – amministratore delegato del Gruppo Rrd (Roberto Ricci Design) che l’ha illustrata con parole semplici ma efficaci. «Per diventare un imprenditore e realizzare il sogno che si ha in testa, occorre stare a contatto con realtà imprenditoriali dalle quali prendere esempio e trarre ispirazione. Io stesso non ero un predestinato a diventare imprenditore, tutt'altro. Eppure, lo sono diventato perché per un caso della vita mi sono trovato ad avere a che fare con una piccola attività produttiva dell'abbigliamento. Oggi, Grosseto vive quasi esclusivamente di servizi a basso valore aggiunto, buona parte dei quali legati al turismo, commercio e ristorazione. Manca la gamba del manifatturiero, che potrebbe offrire ai nostri giovani opportunità di lavoro qualificato e fonte di ispirazione per le proprie attività. Area Punto Zero significa creare un quartiere che ospita attività produttive di natura manifatturiera che non sia una semplice area artigianale o industriale, ma un luogo permeabile alla città e attrattivo non semplicemente per chi ci lavora. Un posto dove andare non esclusivamente per lavorare, ma anche per scambiare esperienze, formarsi e progettare il futuro, in un ambiente piacevole e dotato di molto verde».

 

Il tempo stringe

Già oggi nell'area di via Genova operano le sei aziende promotrici di Area Punto Zero, tutte appartenenti al settore manifatturiero. Noxerior-Novair (generatori di idrogeno e ossigeno), Tecnoseal (produzione di “anodi sacrificali” per la nautica e l’industria), Elmu (componentistica meccanica), Eurovinil Survitec (produzione di zattere di salvataggio e tender nautici), Toscano Alta Sartoria (abbigliamento sartoriale) e Gruppo Rrd (abbigliamento casual e sportivo di alta gamma), che sta realizzando nei capannoni ex Mabro la sua nuova grande sede. Tutte aziende solide e in espansione, quasi tutte con fatturati significativi all'estero, e alcune delle quali leader nel proprio settore di mercato. Un patrimonio di competenze che, insieme a quello di poche altre realtà simili presenti a Grosseto, potrebbe essere d'ispirazione per sviluppare finalmente il settore manifatturiero industriale in una realtà abituata generalmente a non avere grandi ambizioni.

Sempre in via Genova, peraltro, ci sono anche altre realtà significative, come il Corriere Gls (logistica), Maremmana Ecologia del Gruppo Wolftank Dgm (elettromeccanica), L’Alba Tartufi (food), e altre più piccole. Entro la fine dell'anno, inoltre, proprio in fondo a via Genova aprirà i battenti il nuovo magazzino di smistamento dei pacchi che Amazon Italia sta finendo di realizzare nella ex area Fluxinos.

Secondo il masterplan messo a punto dallo Studio Rusci Architetti oramai nel febbraio 2021 per conto di Confindustria Grosseto e delle sei aziende promotrici, per riqualificare l'area realizzando un nuovo accesso da via Senese, adeguare via Genova con le sue intersezioni e realizzarne alcuni tratti di margine nuovi, razionalizzare i sottoservizi e sistemare il verde pubblico, servirebbero più o meno tre milioni di euro. Ai quali si aggiungerebbero gli investimenti fatti direttamente dalle aziende per adeguare le proprie sedi e i propri spazi esterni ai nuovi standard previsti. Tutto sommato, quindi, considerata la prospettiva di area industriale pilota di riferimento per le realtà manifatturiere, un investimento nemmeno troppo oneroso. E ad ogni modo evidentemente strategico per il futuro della città.

Il problema vero, in questa fase almeno, è che a 15 mesi di distanza dalla presentazione del masterplan all'amministrazione comunale, ancora non è stata redatta la progettazione esecutiva e tantomeno sono state individuate le risorse per realizzare le opere. Fra le quali, la più urgente in assoluto è la sistemazione della viabilità di accesso da via Senese in via Genova - costruendo una grande rotonda a forma di otto - che consenta ai numerosi mezzi pesanti, a partire dai “bilici”, di uscire ed entrare nell'area industriale in sicurezza. L'attuale incrocio, infatti, è molto pericoloso – soprattutto per i molti grossi camion in transito - e causa di continui incidenti stradali, più o meno gravi. Situazione che inevitabilmente peggiorerà in modo drastico, a partire dal momento in cui sarà operativo il grande magazzino di Amazon Italia, che porterà un traffico aggiuntivo di bilici e furgoni per le consegne in grado di paralizzare via Senese.

C'è poi, come hanno sottolineato gli imprenditori in una recentissima tavola rotonda con gli amministratori cittadini, un problema di trascuratezza di tutta l'area che va affrontato e risolto. Anche perché è il peggior biglietto da visita per i numerosi clienti internazionali che si recano in via Genova a visitare le aziende grossetane con le quali hanno rapporti.

Il Comune di Grosseto, da parte sua, ha preso l'impegno a progettare realizzare il nuovo accesso nel più breve tempo possibile. Anche se, inevitabilmente, questo richiederà almeno un paio d'anni.

 

La transizione culturale del modello di sviluppo

Ma al di là delle vicissitudini contingenti, per quale motivo la riqualificazione dell'area di via Genova dovrebbe costituire una priorità?

Oltre quel che ha già detto con grande chiarezza Bardini, la risposta è molto semplice. Il nucleo di aziende che operano in via Genova, cui bisogna considerare vanno aggiunte alcune altre significative realtà dislocate in altre aree cittadine, possono costituire una efficiente testa di ponte per propagare in città la cultura imprenditoriale del settore manifatturiero. Facendo da riferimento anche per il territorio.

In particolare, il capoluogo maremmano, a partire dalla fine degli anni Ottanta, ha visto il progressivo smantellamento di grandi aziende manifatturiere, dalla Mabro all'Eurovinil fino a Vemar, con una conseguente trasformazione del tessuto economico cittadino incentrata sul terziario, salvo eccezioni, per nulla avanzato: commercio, servizi alle imprese poco innovativi, servizi turistici, ristorazione. Di pari passo a questa rarefazione della diversificazione di specializzazioni produttive, è avanzata la narrazione della Maremma felix, territorio incontaminato dalle caratteristiche bucoliche a monocultura turistica, e in parte residuale agricola. Questo traballante modello di sviluppo, oltretutto azzoppato dal contemporaneo ridimensionamento della presenza del lavoro pubblico (militari e non), ha avuto come esito quello di un peggioramento inesorabile di tutti gli indici economici e di qualità della vita a partire dai primi anni 2000. Con la progressiva precarizzazione e stagionalizzazione del mercato del lavoro.

L'indebolimento del tessuto economico grossetano, con la perdita di importanti realtà produttive manifatturiere, è stato la conseguenza di due spinte concomitanti: la perdita di funzioni industriali del sistema Paese a vantaggio della delocalizzazione delle attività produttive di questo tipo. E l'inadeguatezza sotto il profilo imprenditoriale delle seconde generazioni che avrebbero dovuto prendere in mano le redini aziendali di alcune importanti realtà produttive cittadine.

Oggi Grosseto, ma lo stesso vale per il territorio provinciale, è evidentemente a un bivio: o recupera velocemente una vocazione produttiva nella manifattura di qualità, cui è associato sia il lavoro creativo che quello manuale denso di competenze, potenzialmente generatore d’innovazione e valore aggiunto. Oppure, più di quanto non abbia già fatto, è inesorabilmente destinata a perdere rilevanza economica con il consolidamento della rendita immobiliare, e dei beni demaniali pubblici, sulla quale prospera una parte maggioritaria del turismo. Con la salvezza per pochi.

Per questo, in definitiva, Area Punto Zero e ciò che rappresenta in termini di cultura imprenditoriale e potenziale produttivo, costituisce una chance da non buttare al vento. Ma sulla quale investire con convinzione per implementare la diversificazione produttiva e provare a presidiare, almeno in parte, la frontiera dell'innovazione economica e sociale.

















































Commenti

  1. Molto interessante , prendere al volo questa opportunità è fondamentale per i ns giovani e soprattutto importante per far apprendere una mentalità imprenditoriale che qui a Gr è molto carente

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