😈😈😈 #tiromancino - A Scarlino i rifiuti saranno trattati con l’ipnosi e i gessi rossi con la pranoterapia

 

A Taranto per realizzare un parco eolico offshore (in mare) composto di dieci aerogeneratori ci sono voluti 14 anni. Alla fine, l'ha spuntata il Gruppo Toto: 30 MW di potenza installata per produrre 58mila MWh, che saranno utilizzati per le forniture energetiche al porto, all'acciaieria ex Ilva e per produrre idrogeno. Ma ci sono voluti 14 anni di ricorsi a Tar e Consiglio di Stato.

Il parco eolico a Monte Giogo di Villore nel Mugello, 7 pale eoliche con una potenza installata di 29,6 MW e una produzione energetica stimata di oltre 80 GWh, ha superato l'istruttoria nella conferenza dei servizi ed è stata autorizzato dalla Regione Toscana. Produrrà energia elettrica equivalente ai consumi di 100mila abitanti, a fronte dei 64mila residenti nel Mugello fiorentino. Peccato sia stato bloccato da un parere contrario della simpatica Soprintendenza, per cui bisognerà attendere la pronuncia definitiva da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Stando al nuovo rapporto Regions del centro studi Elemens con Public Affairs Advisors più del 90% degli impianti eolici e solari presentati nel 2021 non ha superato lo stadio cartaceo.

Nel comparto dell’eolico è ancora allo stadio di autorizzazione il 57,5% dei progetti proposti nel 2018, il 79,3% dei progetti presentati nel 2019, il 90% dei progetti presentati nel 2020 e del 99,9% dei progetti del 2021. In quello fotovoltaico: è ancora in sala d’attesa per l’autorizzazione il 79,5% dei 14mila megawatt richiesti nel 2020 e il 92,4% dei progetti presentati nel 2021.

Anche la geotermia è un pianto greco. Già oggi produce il 34% dell'energia elettrica di cui ha bisogno la Toscana – il 25% del quale in provincia di Grosseto - ma potrebbe arrivare potenzialmente a coprire il 70% del fabbisogno. Solo che si smettesse di boicottarla, perché oramai, come sottolineano gli studi epidemiologici e sanitari, è chiaro che non ci sono rischi per la salute. Attualmente sono quattro le centrali geotermiche in attesa di poter essere realizzate. E un megawatt di energia elettrica prodotto da fonte geotermica costa 60 euro a fronte di più del quadruplo di quella prodotta utilizzando metano.

Nel frattempo, in Ucraina stanno crepando sotto le bombe migliaia di persone per una guerra scatenata principalmente per accaparrarsi fonti energetiche, commodities alimentari (grano, mais, girasole, colza) e terre rare (ricche di minerali). I cui effetti paghiamo direttamente in termini di esplosione delle bollette energetiche.

 

Il paradosso dell’immobilismo Nimby

Anche in provincia di Grosseto, nel nostro piccolo, non ci priviamo. Qui il problema è quello dei ritardi inverecondi nella messa a punto di un ciclo efficiente di trattamento dei rifiuti, urbani e industriali. Nel primo caso, dopo anni di discussioni ideologizzate e scollegate da qualunque logica scientifica e di sostenibilità ambientale/industriale, è appena ricominciata l'ennesima discussione su cosa sostituire alla precedente ipotesi di realizzare un termovalorizzatore alimentato a combustibile solido secondario (Css).

Naturalmente il termovalorizzatore è stato accantonato perché faceva paura. 

Oggi sotto la lente di ingrandimento c'è un nuovo progetto di Iren Ambiente Spa, che prevede la realizzazione di quattro nuovi impianti che tratteranno legno, plasmix (plastica non riutilizzabile) e pulper di cartiera, fanghi residui dalla depurazione delle acque civili, reflui industriali e percolato delle discariche. Verranno così prodotti pallets e blocchetti distanziatori in legno estruso (con un trattamento termico ad alta pressione), bio carbone sostitutivo del carbone fossile, polimeri utilizzati nell’industria siderurgica e nei cementifici, acque depurate e fanghi di risulta a loro volta recuperati. Soluzioni impiantistiche in alcuni casi anche innovative.

Processi industriali assolutamente legittimi, ma che - va ricordato ai cultori della sindrome di Nimby – a fronte del “mostro” cogeneratore che avrebbe trattato poco più di 200mila tonnellate di Css, per essere alimentati avranno bisogno di un flusso di materia in ingresso di più del doppio, vicino alle 600mila tonnellate.

Sul fronte dei rifiuti industriali, invece, dopo vent'anni siamo sempre a discutere di dove stoccare le oltre 400mila tonnellate di gessi rossi (solfato di calcio), residuo di lavorazione del ciclo industriale di Venator Italy Srl. Che produce biossido di titanio estraendolo dall’Ilmenite (minerale) attraverso il “lavaggio” con acido solforico diluito, che poi viene inertizzato con la marmettola (carbonato di calcio) producendo i gessi rossi (con questo colore perché contengono ossidi ferrosi). In questo caso il problema - sempre conseguenza della sindrome di Nimby - sarebbe quello dell'individuazione di un sito dove stoccare questi rifiuti speciali non pericolosi. Con un'incapacità complessiva del sistema di sceglierlo senza rimanere ostaggio del comitatismo professionale, che è poi l'alter ego delle Soprintendenze. Organo autocratico completamente scollegato dalla realtà di cui urge una riforma non più procrastinabile.

Per la geotermia vale quanto riassunto nelle righe precedenti. C'è solo da stendere un velo pietoso per il fatto che si butta al vento una fonte rinnovabile che potenzialmente - almeno secondo alcuni - sarebbe addirittura in grado di rendere autonoma l'Italia intera dal punto di vista dell'approvvigionamento energetico..

 

Un grande perverso ingranaggio di distrazione di massa 

Il filo rosso che unisce vicende apparentemente diverse e non interconnesse fra loro è quello di un processo decisionale ampolloso, retorico e ridondante. Ostaggio di normative barocche che nelle metriche internazionali della competitività confinano l'Italia nei bassifondi di ogni graduatoria. Senza, peraltro, che questo contribuisca a farne un Paese più virtuoso degli altri in termini di sostenibilità ambientale.

Ogni volta che c'è da prendere una decisione su impiantistica del ciclo dei rifiuti, parchi fotovoltaici, eolici o geotermici, il pendolo oscilla dall'estremo della sindrome di Nimby a quello del ricatto occupazionale. Con tutti i protagonisti coinvolti perfettamente a loro agio nel dare il peggio di sé.

Perché, è evidente, le perversioni procedurali partorite dal leviatano giuridico che governa le nostre esistenze non sono l'unica parte in causa cui addossare ogni responsabilità. Sarebbe troppo comodo, e per troppi troppo assolutorio.

Solo per fare l’ultimo esempio, dalla cronaca di questi giorni. Come è possibile essere arrivati a rischiare di dover interrompere il ciclo produttivo di Venator - mettendo a rischio 260 dipendenti dell'azienda, 140 delle imprese dell'indotto che lavorano nell'impianto, e un numero imprecisato di dipendenti di Nuova Solmine che fornisce l'acido solforico - pur sapendo da anni che il problema dell'esaurimento del sito di stoccaggio era una bomba a orologeria?

Semplice, anzi banale. I comitati hanno evocato le paure per alimentare la sindrome di Nimby. La politica è rimasta paralizzata nel timore di perdere consensi a breve termine. Gli amministratori si sono creati alibi per abdicare alla loro responsabilità. L'azienda non ha saputo individuare una soluzione percorribile. La Soprintendenza ha escogitato pareri eclettici. I sindacati non hanno avuto il coraggio di affrontare lo scontro. La magistratura ha procrastinato i tempi delle proprie decisioni. I media hanno rincorso il sensazionalismo. Il popolo ha lasciato prevalere l’emotività di pancia. La Regione è rimasta sull'albero a cantare. Ognuno, nel proprio ambito, ha trovato l’alibi confacente nelle inadempienze di tutti gli altri. E così il cerchio delle omissioni si è chiuso.

L'esito di questo circolo vizioso è che oggi un territorio povero di lavoro ed economicamente debilitato, rischia un'emergenza sociale e occupazionale. Con la possibilità concreta di perdere l'ennesimo treno dello sviluppo economico legato al settore manifatturiero, basato su una produzione di qualità come quella del biossido di titanio. Composto chimico richiestissimo dal mercato per le sue molteplici applicazioni, utilizzato nella produzione di vernici, smalti, plastiche, carta e inchiostri, fra le altre cose

Le stesse considerazioni, mutatis mutandis, potrebbero essere fatte rispetto alla gestione del ciclo dei rifiuti. Ambito nel quale l'intera Toscana sconta oggi un grave ritardo sotto il profilo dell'impiantistica. Basti considerare che nella discussione pubblica, e in quelle riservate, la linea del Piave della politica per dare il via libera ai nuovi impianti di cui si parla per la provincia di Grosseto, sarebbe quella di non parlare di “trattamenti termici” e di non avere impianti con ciminiere. Evidentemente perché - al netto del fatto che mediamente in un anno in provincia vengono prodotti più di 500 chilogrammi di rifiuti a residente - si considera che il popolo bue non sarebbe in grado di sopportare un simile affronto alla propria sensibilità ambientale.

 

L’uscita di sicurezza del pensiero magico

Considerando l'insensatezza della situazione complessiva, non è escluso che qualcuno possa trovare l'uovo di Colombo in soluzioni fai da te. Tipo trattare i rifiuti con l'ipnosi mesmerica, così da suggestionarli e condurli all'autodistruzione. Oppure processare i gessi rossi con la pranoterapia, riducendone il volume e transumandoli a una composizione chimica più addomesticata. Se anche queste ipotesi fallissero, potrebbero sempre essere tentate le strade del voodoo, dell'esorcismo o della santeria. Tanto parlare di moderni e razionali processi industriali, equivale a invocare Satana. Che peraltro nell’industria non risulta abbia mai lavorato.



Commenti

  1. Considerato che si critica l'irrazionalità, articolo adeguato !

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  2. Assolutamente condivisibile!!!

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  3. L'irrazionale sta nel fatto che una provincia povera si auto flagelli in nome di un ambiente da preservare senza tenere conto che le tecnologie attuali riescano a evitare contaminazioni ambientali. Si rimane davvero esterrefatti, ma i cosiddetti ambientalisti non pensano ai propri figli e alle generazioni future?

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