🌍🌎🌏 #tiromancino – Coazione a ripetere (gli errori): dio stramaledica il parco eolico a San Donato e Campo Regio!











In Canada sono già andati in cenere 7.500 chilometri quadrati di foreste. Col fumo che ha attraversato l’Atlantico, raggiungendo Norvegia e Inghilterra. Intorno ad Atene vanno a fuoco migliaia di ettari, mentre nell’isola di Rodi per gl’incendi hanno sgombrato quasi 40mila persone in cinque giorni.

In Romagna, pare, poco più di due mesi fa sia pioviscolato un po’ sopra la media. A Seregno, invece, la scorsa settimana, un fiume d’acqua e grandine si è esibito per le vie del centro travolgendo la qualunque. Poi a Cremona in 40 minuti è venuto giù il finimondo. E a Conselice il vento ha scoperchiato tetti e abbattuto alberi. Mentre in Monferrato la grandine ha tritato i vigneti. La grandine? Piuttosto palle da tennis di ghiaccio, venute giù come non ci fosse un domani, in Veneto e Lombardia. Trombe d’aria e venti che abbattono alberi come fossero le bacchette dello Shangai….


Però a San Donato e Campo Regio, nel comune di Orbetello, tanti lungimiranti sono contrarissimi all’installazione di 9 pale eoliche (per una potenza installata di 62 MW) all’interno delle casse di espansione dell’Albegna. Perché con i rotori arriverebbero a 200 metri dal suolo e, immancabilmente, deturperebbero un ambiente “incontaminato e bellissimo”. A pochi chilometri – 10 o 11 – dalla laguna di Orbetello. Danneggiando, ci mancherebbe altro, ogni attività turistica della zona. Perché, è chiaro, tutti quanti inorridirebbero alla visione delle oscene pale eoliche che la altoatesina Apollo Wind Srl ha chiesto di realizzare. Oltretutto secondo quel che prevede il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec).

Naturalmente tutti d’accordo nell’essere in totale disaccordo sulla realizzazione del parco eolico: le immancabili associazioni, dalla bocciofila a quella ambientalista, i Comuni di Orbetello, Magliano, Manciano e Capalbio, con le relative maggioranze politiche trasversalmente offese dalla vista degli scabrosi mostri eolici, il Parco della Maremma. A oggi manca, benedicente, solo la Curia, ma non si dispera di averla presto nel gruppone, appena sarà costituito l’impellente comitato “ambientale”.


Insomma, vuoi mettere la necessità di farsi carico – per la propria parte – della riduzione dei gas serra, del consumo di combustibili fossili, della decarbonizzazione (riduzione della CO2) e della transizione ecologica, con la tutela dell’inestimabile paesaggio di San Donato e Campo Regio? Aree note in ogni anfratto dell'orbe terraqueo (direbbe la Meloni) per la loro bellezza accecante.

D’altra parte, c'è forse qualche fazzoletto di Toscana che non sia più che degno di tutela? Che non sia caratterizzato da un paesaggio da salvaguardare ad ogni costo?.....


Che dire? La risposta più scontata sarebbe richiamare in servizio l'oramai dilagante pandemia della sindrome di Nimby: not in my backyard (non nel mio cortile). Ma presterebbe il fianco alle altrettanto arcinote contro repliche: sviluppisti, capitalisti selvaggi, speculatori sui beni pubblici (il vento), coercitori seriali della volontà popolare! Insomma, finirebbe in caciara.


Come può essere qualificata, descritta, questa forma pervicace di “ottusità climatica”, che nega l'evidenza e rifiuta di agire per arginare gli effetti dei cambiamenti climatici ogni volta che se ne presenta l'occasione? Quale eziologia può tornare utile per inquadrare meglio queste forme irragionevoli e pretenziose di argomentazioni? A proposito di pale eoliche, ad ogni modo, qualcuno ricorda le astiose polemiche che accompagnarono il parco eolico di Murci (Scansano), quando si paventava che la sua realizzazione avrebbe distrutto la terra del Morellino di Scansano?


Perché questo territorio sembra più refrattario di molti altri al buon senso. Vantando una lunghissima e mefitica tradizione di battaglie di retroguardia, incartate nell’ambientalismo autoreferenziale. Contro il fotovoltaico, oggi l’agrivoltaico. Contro le centrali geotermiche binarie, a bassa e media entalpia, con reiniezione sottoterra del fluido geotermico. E prima ancora contro i grandi bacini irrigui, che oggi tutti invocano come soluzione al problema della siccità e dell'impoverimento delle falde idriche. Contro le colture agricole che non rientrano nel canone astratto della tradizione (la vite non era una tradizione in gran parte della Maremma fino a 35 anni fa). Contro l'autostrada. Contro i porti turistici. Contro l’industria, coi bei risultati che oggi si godono al Casone. Contro qualunque forma d’innovazione, in nome d’un conservatorismo arcigno che è sempre stato funzionale agli interessi dei detentori di una qualche forma di rendita. Pensiero difensivo di un ceto benestante circoscritto ma dotato di mezzi, ammannito come mainstream del progressismo democratico, poi populista. Che ha confinato la provincia di Grosseto al ruolo di periferia dell'impero, dalla quale scappano i figli del ceto medio in cerca di fortuna. E nella quale si rifugiano i nuovi ricchi in cerca di tranquillità.


In tutto questo l’aspetto più preoccupante è dato dalla psicologia di massa (o almeno prevalente) ispirata al riflesso della “coazione a ripetere”. Tipo riflesso di Pavlov, ma più complesso. Fenomeno che la psichiatria descrittiva definisce «come tendenza a compiere atti psichici per un irresistibile bisogno interno, contro il quale nulla possono il ragionamento e la volontà. Che si può manifestare sul solo versante del pensiero così come, più genericamente, del comportamento».


Vista dal versante della terminologia psicoanalitica, invece, indicherebbe «una proprietà dell’inconscio a mantenere immutate determinate caratteristiche fondamentali all’infuori della stessa dinamica conflittuale o addirittura contro di essa; in altri termini l’inconscio tende a un'omeostasi conservatrice». Finché non arriverà un incendio inarrestabile, un’esondazione portentosa o una bomba d’acqua e grandine. Che daranno ai soliti conservatori l'impareggiabile opportunità di lamentarsi perché non è stato fatto abbastanza in precedenza.

Commenti

  1. Perché non dire che l'eolico è ormai provato non produce per quanto impatta su tutte le componenti ambientali e non, ovviamente in maniera diversa a seconda della realtà locale, solo gli scavi per le fondamenta sono uno dei grandi impatti. Perché non dire che c'è la volontà di non renderci indipendenti dal punto di vista energetico, basterebbe mettere pannelli solari sulle superfici antropizzate, sui tetti, magari non quelli storici, ma quante superfici ha l'Italia piene di capannoni di scadente stile, ma utilizzabili in tal senso? Quanto sole prende l'Italia grazie alla sua posizione geografica e quante superfici perse ci sono in Italia da utilizzare prima di impattare ancora sugli scampoli di verde che rimangono utilizzati comunque sempre più dall'uomo e dalle sue attività agricole e turistiche che non da qualche animale? Perché non dire che il valore immobiliare una volta costruito un impianto eolico o fotovoltaico o agrivoltaico scende a livelli rovinosi, e poi, il turista andrà mai in un agriturismo che si affaccia su di un impianto eolico o di altra specie? Perché non usiamo le superfici già perse?

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