📣📣📣 #tiromancino – La politica del «rutto libero» non fermerà l’immigrazione
Tocca dare ragione a Giuliano Ferrara, quando dal “Foglio” di mercoledì 27 settembre dice che sull’immigrazione siamo oramai al «rutto libero». Chiamando in causa Matteo Salvini e tale Andrea Crippa, vicesegretario della Lega (povero ragazzo, così giovane e già così…..), che ha paragonato l’invasione dei nazisti a quella dei migranti favorita dalla Germania che a questo fine finanzierebbe le Ong – tipo la Comunità di Sant’Egidio…..
Dunque, provando a riassumere i termini della questione “immigrazione”: è davvero patologico e fuor di modo ottuso, a più di trent’anni dalle prime navi cariche di Albanesi, continuare a blaterare di invasione ed emergenza migranti, essendo lapalissiano che il fenomeno è oramai strutturale da tempo. Ma soprattutto è paradossale, alla prova dei fatti, perseverare fuori dal seminato sul “rimandare indietro” i presunti invasori. O sul bloccarli sulle coste dei Paesi nordafricani. Senza mai neanche una volta, che sia una, abbozzare proposte concrete su come favorirne l'integrazione nelle nostre comunità. Anche solo, egoisticamente, per avere una provvista di lavoratori oggi drammaticamente carenti, con le aziende alla canna del gas perché non riescono ad assumere.
Un contesto kafkiano esaltato da numeri che non mentono. Rispetto al quale è difficile distinguere se sia peggio la politica o l'opinione pubblica. Ad ogni modo con una responsabilità incontestabile che ricade, anche se con pesi diversi, tanto sulla destra al governo e sull’inconsistente “centro” suo alleato, quanto sul centrosinistra. Vedremo poi perché e con quali responsabilità.
Quattro numeri che dicono tutto
L’allarmismo finora ha pagato, ma il mondo reale presto si prenderà la rivincita. Quest’anno sono già arrivate 140mila persone, ma non è un’invasione. Nel 2014 gli sbarchi furono 170mila, nel 2015 invece 154mila, e nel 2016 arrivarono a 181 mila. Il mondo non crollò e gl’Italiani ogni mattina videro una nuova alba. Alla fine dei conti siamo un Paese con 59 milioni di persone. Anche se ancora per poco, come ha appena detto l’Istat: 58,1 milioni nel 2030, 54,4 nel 2050, 45,8 nel 2080.
Non solo. Vanno smontate anche altre bufale: lo scorso anno siamo stati solo il 5° Paese europeo per numero di richiedenti asilo, a una distanza abissale da Germania, Francia, Spagna e persino dalla piccola Austria. Basta consultare il grafico di Eurostat che fornisce anche un raffronto tra numero di richiedenti asilo e abitanti residenti.
Poi c’è la grande menzogna mediatica – che solo la stupidità umana può assecondare in un mondo in cui i “big data” sono accessibili a tutti - che racconta dell'invasione: l’Italia è solo il nono paese in Europa per percentuale di immigrati sulla popolazione residente, con appena l'8,3% a fronte del 13,9% della Spagna. Prima in graduatoria davanti a Irlanda, Svezia, Germania, Regno Unito, Olanda Francia e Grecia. (verifica la tabella del Report delle Nazioni unite sulla popolazione mondiale).
Infine, la più patetica e grossolana delle omissioni perpetrata dalla propaganda governativa e xenofoba. L'Italia ha disperatamente bisogno di lavoratori immigrati: dis-pe-ra-ta-men-te. Già oggi, e nell'immediato futuro molto di più. Lo dice lo stesso Governo Meloni, che nel luglio scorso ha approvato in Consiglio dei ministri la programmazione triennale (2023-2025) di ingressi per motivi di lavoro di 452mila persone. A fronte di un fabbisogno rilevato di 833mila nello stesso periodo di tempo! Naturalmente il Dpcm è stato poco sbandierato perché temono di doverne spiegare le motivazioni. Siamo quindi al ridicolo condito di una malafede oltretutto malcelata, considerato che è facilissimo rintracciare in rete i documenti ufficiali.
Last but not least, le Ong (organizzazioni non governative): le loro imbarcazioni salvano appena il 5% dei richiedenti asilo che arrivano sulle carrette del mare. Quest'anno, al 24 settembre nel Mediterraneo sono già affogate oltre 2.500 persone (fonte Unhcr). Ergo, la "calamita" di cui parla il ministro degli esteri Tajani è probabilmente da qualche altra parte: e attira una quantità impressionante di cazzate.
La patologia calata nel Grossetano
Notoriamente l'economia maremmana non è brillante. Ma sarebbe comunque al collasso senza gli stranieri, che in provincia sono circa 22mila. Chiunque parli con un imprenditore edile si sente dire che senza operai albanesi, rumeni e moldavi i cantieri sarebbero fermi. La Scuola edile grossetana ha un progetto per cercare apprendisti nei centri di accoglienza. Chiunque parli con corrieri e cooperative di autotrasportatori, si sente dire che senza gli autisti nordafricani e dell'est Europa non consegnerebbero le merci. Chiunque abbia bisogno di un'assistente familiare per una persona anziana o disabile, dice che non si trovano più persone disponibili a fare questo lavoro anche fra gli stranieri, che sono troppo pochi.
Ma il caso più folle è quello dell'agricoltura. In provincia di Grosseto lavorano circa 10mila operai agricoli, almeno una metà dei quali stranieri. Senza le cooperative di contoterzisti (cosiddette coop senza terra) non si produrrebbero vino, olio, latte, né si raccoglierebbero cocomeri, poponi, frutta, carciofi, asparagi, pomodori da industria e quant'altro. La cosa divertente è che il contingente di lavoratori extracomunitari assegnato alla Prefettura di Grosseto supera di poco le 100 persone all'anno. E che le associazioni di categoria – Cia, Coldiretti e Confagricoltura - fanno una fatica bestiale a farli arrivare in Italia, sempre con ritardi caricaturali rispetto ai bisogni delle aziende, che insieme alle associazioni devono garantire sia l'alloggio che certificare la capienza economica per poterli assumere. Con procedure che durano mesi senza certezza dell'esito positivo. Questo, in pratica, cosa che tutti sanno, si traduce in un mercato delle vacche con disgraziati reclutati nei centri di accoglienza da propri connazionali, che li mettono a lavorare nei campi pagandoli spesso in nero, o con le più fantasiose formule di grigio. Truffando l'Inps, l’Inail e l'Agenzia delle entrate. In qualche caso facendogli violenza.
In questo momento nei Cas maremmani dovrebbero esserci 600 richiedenti asilo. In Toscana circa 11.000. Una vera e propria “invasionetta”.
Popolo bue, politica cinica
In questo contesto psichiatrico di regole fuori dalla realtà, codificate dalla legge Bossi Fini e dalle innumerevoli modifiche peggiorative architettate dalla malafede salviniana, difficile separare il grano dal loglio. E capire quanto sia il popolo bue a rifiutare di prendere atto della realtà che ha sotto gli occhi, o piuttosto la politica abilissima a manipolare l'opinione pubblica. Fornendogli l’alibi del finto nemico.
Fatto sta che chi ci governa, invece di fare la cosa più ovvia del mondo come avviene in Germania - dove agli “asylanten” vengono forniti un'istruzione professionale e competenze linguistiche adeguate a integrarsi - si concentra su amenità tipo chiudere in un Cpr migliaia di persone fino a 18 mesi (quello di Gorizia, per 150 posti sottoutilizzati, è costato 8,5 milioni in 4 anni – Agenzia LaPresse). Oppure misurare i polsi di chi si dichiara minorenne per stabilirne l'espulsione in conseguenza del reato di “falsificazione d’età”. Mantenendo al contempo decine di migliaia di migranti all'interno dei Cas (centri di accoglienza speciale) fino a due o tre anni, a non fare letteralmente un cazzo dalla mattina alla sera. Perché sono talmente state ridotte le risorse statali che a malapena si riesce a dargli da mangiare, dormire e se va bene a fargli fare un corso d'italiano piuttosto approssimativo. Contribuendo con una politica di Stato a tirar su migliaia di sfaccendati incapaci di adattarsi al mondo nel quale vorrebbero vivere, completamente avulsi dalla realtà. Per questo mal sopportati dalla popolazione, e inevitabilmente destinati a finire nelle grinfie del caporalato, del lavoro nero e delle organizzazioni dedite allo spaccio. Un esito evidentemente ostruito a tavolino per poter tenere in vita la logica remunerativa del capro espiatorio, alimentando il più volgare e sconcertante razzismo. Esibito con compiacimento da gran parte della classe politica espressione del centrodestra.
A questa incredibile cialtroneria politico-istituzionale, tenacemente perseguita da malvissuti governanti per caso, fa da contraltare nel centrosinistra la retorica pelosa dell'accoglienza: generica, vacuamente caritatevole, bigotta, e quasi sempre priva di contenuti. Un approccio, anche questo, basato su slogan ripetuti all'infinito che però a differenza di quelli razzisti hanno smesso da tempo di arrivare alle persone comuni. Perché se i primi amplificano luoghi comuni, problemi di integrazione e differenze culturali e di abitudine, i secondi semplicemente espellono dalla realtà qualunque problema reale.
Ogni richiedente asilo in quanto tale, in questa rappresentazione virtuale del mondo, diventa oggetto di una astratta rappresentazione positiva. Una bolla nella quale magicamente scompaiono tutti quei micro e macro problemi quotidiani che nella vita reale stanno alla base della difficoltà dell'integrazione, che richiede impegno, mezzi a disposizione, organizzazione, disciplina e rispetto delle regole. Tutte cose di cui nessuno è disposto a farsi carico, salvo i tentativi - a volte generosi altre volte interessati - messi in campo dal Terzo settore. Scatta così il classico effetto “eterogenesi dei fini”, per cui le buone intenzioni mal riposte nell'elogio del “buon selvaggio”, finiscono per fare il gioco di razzisti e xenofobi assecondandone la ributtante cattiveria umana e la cronaca incapacità a risolvere i problemi.
L’incubo delle piccole patrie
Anche le ultime gesta sul campo europeo dei nostri governanti non lasciano presagire niente di buono. Con l'Italia allineata a Polonia e Ungheria, invece che ai Paesi a democrazia matura e con radici culturali più solide come Germania, Francia, Spagna e Olanda. L'alibi un po’ ridicolo nel merito che in campagna elettorale si possa proferire qualunque cazzata in nome dell'accaparramento del consenso di breve periodo, aggrava un quadro già abbastanza a tinte fosche. Non è escluso che l’Europa possa riprecipitare nel baratro delle piccole patrie, parodia grottesca di piccoli mondi antichi che si cullano nell'illusione dell'omogeneità dell’etnos. Nel qual caso toccherà aspettare qualche anno, in cui l’evidente e crescente marginalizzazione dell'Europa sullo scenario mondiale - complice anche la sua inarrestabile crisi demografica - costringerà tutti quanti a mendicare immigrati per garantirsi il benessere residuo possibile. Sempre che nel frattempo la crisi climatica non ci abbia disintegrato.
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